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I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento, o che siano richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa, possono essere formati e tenuti con strumenti informatici (articolo 2215-bis del codice civile), ma l’eventuale crash del sistema può costare caro all’imprenditore: lo ha ribadito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 45044, depositata il 25 novembre 2022, dichiarando inammissibile - in questa parte - il ricorso relativo ad una condanna per bancarotta semplice documentale.

Il web che tutti conosciamo non rappresenta che solo una parte delle pagine complessivamente disponibili online. Esiste infatti anche un web sommerso, sconosciuto ai più, che non è direttamente accessibile e che non è indicizzato dai motori di ricerca tradizionali.

Il floppy disk, estratto dalla videocamera del centro commerciale, può essere usato come prova per “incastrare” il ladro di biciclette, anche se i dati non sono stati acquisiti con la procedura prevista dal Codice di rito penale. L'estrazione dei dati dal supporto informatico non è, infatti, un accertamento tecnico irripetibile. La Corte di cassazione, con la sentenza 13779, considera inammissibile il ricorso contro la sentenza di condanna, adottata con rito abbreviato, per furto pluriaggravato di una bicicletta, sottratta rompendo la catena.

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Non viene meno l’interesse a impugnare, a fini del suo riesame, la misura cautelare di sequestro probatorio che abbia colpito lo smartphone già restituito dopo l’effettuazione della copia forense di tutti i dati in esso contenuti.

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E' un fenomeno preoccupante quello del "sexting", che consiste nell'invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare. Specialmente quando riguarda i minori, chi lo pratica spesso incorre in gravi illeciti, anche di natura penale. Ad esempio, tempo fa un genitore che usava le foto del figlio adolescente per fare 'sexting' su Instagram era stato condannato per sostituzione di persona, mentre in un altro caso per un ragazzo che chiedeva selfie hot alla fidanzatina era scattato il reato di pedopornografia. In una più recente vicenda, un uomo inviava foto e messaggi assolutamente espliciti e scabrosi addirittura ad una bambina di dieci anni, e per questo è stato condannato per adescamento di minorenni (reato previsto dall'art. 609-undecies del Codice Penale).

Dal 1° gennaio 2023, per legge gli imputati che sono stati assolti o in seguito all’archiviazione del loro caso in un procedimento penale hanno diritto alla cancellazione del proprio nominativo dai motori di ricerca. È quanto prevede l’articolo 64-ter della legge Cartabia sul “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”.

L’abitacolo di un’autovettura non rappresenta un luogo di privata dimora e quindi l’ex coniuge che installa un apparecchio gps all’interno della macchina per ascoltare le telefonate della ex moglie non compie il reato di interferenze illecite nella vita privata. È quanto chiarito dalla Cassazione, nella cui pronuncia non prende però in esame altre criticità.

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Commette il reato di diffamazione aggravata colui che condivide sul proprio profilo Facebook fotografie pubblicate sulla pagina ufficiale di un noto politico locale, commentandole con frasi palesemente offensive del suo onore e decoro e con espressioni poco gratificanti sulla sua attività politica e imprenditoriale. A dirlo è il Tribunale di Vicenza nella sentenza n. 863/2021, sottolineando la forza di diffusione del messaggio affidato ai social network, capace potenzialmente di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone, nonché la maggiore capacità lesiva dell'immagine in relazione al ruolo pubblico ricoperto dalla persona offesa.

Con l'ordinanza in commento, il Tribunale del Riesame di Milano statuisce che, nell'ambito di un medesimo procedimento, i risultati delle intercettazioni devono essere considerati utilizzabili anche qualora le fattispecie criminose non rientrino nel catalogo di cui all'art. 266 c.p.p. L'ordinanza in questione assume particolare rilevanza ed interesse in quanto si discosta dal principio di diritto enunciato poco meno di un anno fa dalle Sezioni Unite "Cavallo". Questa, in sintesi, la vicenda processuale.

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Le intercettazioni autorizzate per indagare sul reato di corruzione sono utilizzabili anche se il capo di imputazione cambia e si converte in abuso d’ufficio. È necessario però che i fatti siano gli stessi; se così non è allora le intercettazioni non saranno utilizzabili e si procederà alla prova di resistenza per verificarne la gravità indiziaria. Questa la conclusione della Cassazione con la sentenza n. 23244 della Sesta sezione penale depositata il 14 giugno 2021.

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