Il sexting coinvolge sempre più spesso anche i minori
E' un fenomeno preoccupante quello del "sexting", che consiste nell'invio di testi o immagini sessualmente esplicite tramite Internet o telefono cellulare. Specialmente quando riguarda i minori, chi lo pratica spesso incorre in gravi illeciti, anche di natura penale. Ad esempio, tempo fa un genitore che usava le foto del figlio adolescente per fare 'sexting' su Instagram era stato condannato per sostituzione di persona, mentre in un altro caso per un ragazzo che chiedeva selfie hot alla fidanzatina era scattato il reato di pedopornografia. In una più recente vicenda, un uomo inviava foto e messaggi assolutamente espliciti e scabrosi addirittura ad una bambina di dieci anni, e per questo è stato condannato per adescamento di minorenni (reato previsto dall'art. 609-undecies del Codice Penale).
In quest'ultimo caso di sexting, nella sentenza n. 3503/2021 il Tribunale di Salerno ha sottolineato come, in presenza di condotte lusinghiere o minacciose a sfondo sessuale rivolte ad un minore, sia da escludere la possibilità di invocare come giustificazione l'ignoranza dell'età dell'interlocutrice, salvo ovviamente che ciò sia in concreto inevitabile.
Ma non era questo il caso che ha visto la condanna dell'uomo campano, in quanto egli aveva inviato dei messaggi espliciti sulla chat WhatsApp ad uno smartphone utilizzato da una bambina di dieci anni, che però la madre insospettita aveva provveduto a controllare, e fingendo di essere la figlia aveva poi proseguito la conversazione specificando al malintenzionato che aveva a che fare con una minore. Ma a quel punto l'uomo reso consapevole e senza più scusanti, anziché fermarsi aveva continuato ad inviare altri messaggi corredati da immagini e richieste a sfondo sessuale.
Dopo la denuncia della madre, la vicenda finiva quindi in Tribunale con l'accusa per l'uomo del reato di adescamento di minorenni, e l'imputato cercava di difendendersi sostenendo che l'utenza telefonica risultava intestata alla madre della bambina, e che questo lo avrebbe indotto a pensare di interagire con una persona adulta, asserendo inoltre che non avrebbe potuto conoscere l'età di chi effettivamente utilizzava quella specifica utenza telefonica.
Tuttavia, il Tribunale di Salerno non ha creduto alle deboli argomentazioni difensive addotte dai legali dell'uomo, ritenendolo senza alcun dubbio colpevole del reato di adescamento di minorenni, in primo luogo perchè per il giudice "è irrilevante l'intestazione del telefono alla madre, posto che il numero dei soggetti minorenni non può mai essere intestato loro". D'altra parte, l'art. 609 sexies del Codice Penale prevede che per i reati in materia sessuale, compreso quello di adescamento di minorenni, l'autore non possa invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa, salvo che si tratti appunto di ignoranza inevitabile.
Inoltre, Il Tribunale di Salerno ha osservato che la norma esclude "che sia necessario che la condotta di adescamento trovi effettivamente quale interlocutore il minore adescato", e la fattispecie ex art. 609-undecies del Codice Penale "rappresenta un reato di pericolo concreto, che non richiede il nocumento effettivo del bene giuridico tutelato, ma è volto a neutralizzare il rischio di commissione di più gravi reati a sfondo sessuale." In altri termini, "le condotte artificiose, lusinghiere o minacciose volte a carpire la fiducia del minore divengono sanzionabili a titolo di adescamento quando risultino finalizzate al compimento di reati di sfruttamento o abuso a danno del soggetto vulnerabile", avendo il legislatore anticipato la tutela penale alle condotte preparatorie dei reati al quale la volontà dell'agente è finalizzata.
(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)
Data la crescente diffusione del sexting, è quindi molto importante essere consapevoli delle conseguenze che esso può avere, in quanto le immagini di nudo o sessualizzate non possono essere considerate contenuti innocui, e perciò per i genitori è importante spiegarne i pericoli ai propri figli minorenni a cui concedono di usare smartphone ed altri dispositivi elettronici per navigare in Internet o interagire sui social.
Ad esempio, quando si perde il controllo delle immagini prodotte, la loro diffusione su web e social network diventa difficilmente gestibile, e quello che magari è iniziato come "sexting" si aggrava ulteriormente configurando casi di “revenge porn” (cioè quando le immagini vengono ad esempio utilizzate da un/a ex partner a scopi vendicativi e con l’obiettivo di ledere la reputazione della persona ritratta), o di “sextortion” e "cyberbullismo" (cioè la minaccia di diffusione del materiale foto/video, sempre con l’obiettivo di ledere la reputazione della persone ritratta).
E oltre alle inevitabili conseguenze emotive a cui va incontro un minore che subisce un qualsiasi tipo di abuso online a sfondo sessuale, anche sul piano legale come hanno dimostrato le recenti sentenze, anche se inizialmente non c’è intenzione di danneggiare l’altra persona né di commettere un abuso online (come nei casi del revenge porn o della sextortion), non è escluso che i comportamenti tipici del sexting possano configurare reati connessi con la pedopornografia.