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Il floppy disk della telecamera privata è una prova anche se l'estrazione dei dati non rispetta il protocollo

Il floppy disk, estratto dalla videocamera del centro commerciale, può essere usato come prova per “incastrare” il ladro di biciclette, anche se i dati non sono stati acquisiti con la procedura prevista dal Codice di rito penale. L'estrazione dei dati dal supporto informatico non è, infatti, un accertamento tecnico irripetibile. La Corte di cassazione, con la sentenza 13779, considera inammissibile il ricorso contro la sentenza di condanna, adottata con rito abbreviato, per furto pluriaggravato di una bicicletta, sottratta rompendo la catena.

L'imputato contestava la possibilità di utilizzare il filmato, posto come prova a suo carico , ricavato dalle immagini di un impianto di videosorveglianza privato, installato all'esterno di un centro commerciale. La difesa, oltre a mettere in dubbio la corretta “taratura” dell'apparecchio, invocava l'applicazione dell'articolo 254-bis del Codice di procedura penale, che impone in caso di sequestro dei dati presso i fornitori di servizi informatici, che l'acquisizione avvenga mediante la copia di questi su un adeguato supporto: una procedura che assicura la conformità all'originale e l'immodificabilità.

Per la Cassazione però la norma non è applicabile in caso di estrazione dei dati da un supporto informatico, nello specifico un floppy disk, perché non rientra tra gli accertamenti tecnici irripetibili. La Suprema corte ricorda che la polizia giudiziaria ha il dovere di rispettare alcuni protocolli di comportamento(legge 48/2008), ma non è prevista alcuna sanzione di inutilizzabilità se questo non avviene. Può esserci al più solo un affetto sull'attendibilità della prova. Che, nello specifico, era però supportata anche da testimonianze di persone che avevano visto il ricorrente aggirarsi nei pressi della rastrelliera con fare sospetto.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 7 maggio 2020

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