Tar di Catania: nelle cause di separazione non vale la privacy sui redditi degli ex
Operazione trasparenza sui redditi degli ex. Il fisco deve mostrare entro 30 giorni le dichiarazioni dei redditi presentate negli ultimi cinque anni da una signora. A chiederle è il marito, separato, per far ridurre il mantenimento. E ciò anche se ben potrebbe chiedere nella causa civile che sia il giudice a ordinare l'esibizione del documento. Il punto è che il diritto di difesa dalla controparte non risulta violato dall'ostensione: le carte del fisco non sono automaticamente acquisite al processo ma vanno vagliate dal giudice civile. Diversamente si dovrebbe aprire una lite al buio, col rischio di pagarne le spese, sperando che il giudice eserciti i poteri istruttori.
È quanto emerge dalla sentenza 565/19, pubblicata dalla terza sezione del Tar Catania. Il tutto mentre in seno al Consiglio di Stato è in atto un vero e proprio contrasto di giurisprudenza: secondo l'orientamento pro privacy, infatti, in base al regolamento Gdpr manca la stretta necessità che può derogare all'esigenza di tutela della riservatezza.
Rilevanza eventuale. Nella specie il marito ha diritto a ottenere anche le comunicazioni effettuate dalle banche all'anagrafe tributaria sul conto della ex, anche in qualità di delegante o delegata. L'indirizzo interpretativo che punta a tutelare la privacy con l'avvento di Gdpr nega l'accesso al documento in possesso dell'amministrazione tutte le volte che il privato può ottenerlo su ordine del giudice.
Ma la regola, osserva il collegio, dovrebbe allora valere anche nelle cause fra il privato e l'amministrazione. Secondo l'interpretazione restrittiva l'ostensione va esclusa perché sono già sufficienti i mezzi tipici previsti nel processo. Non sussiste, tuttavia, la violazione del diritto di difesa a carico della ex moglie perché, prima di essere acquisite, le carte del fisco devono essere dichiarate rilevanti dal giudice civile, che tiene conto delle deduzioni avanzate dalla controparte. D'altronde, applicando l'indirizzo pro riservatezza, anche un coniuge non separato o divorziato dovrebbe aprire una causa ad hoc se lamenta il parziale assolvimento dell'obbligo di assistenza materiale a carico del coniuge.
Esito paradossale. La pronuncia dei giudici etnei è soltanto l'ultimo tassello di un mosaico piuttosto composito: vale la pena di ricostruirlo. È il fisco e non il giudice a mostrare i rapporti dell'ex con le banche al marito che vuole divorziare, stabilisce il Tar Lazio nella sentenza 366/19, pubblicata dalla sezione seconda ter. Accolto il ricorso del marito che vuole risparmiare sugli 800 euro al mese che versa alla moglie per il mantenimento dei figli: lamenta movimenti anomali sul conto corrente della signora e ora può avere notizia dei rapporti intrattenuti dall'interessata con le banche fra il giugno 2013 e il 25 maggio scorso.
Sarebbe d'altronde «paradossale», osservano i giudici, consentire l'ostensione dei documenti a chi deve tutelare i propri interessi giuridici solo prima che l'azione sia proposta e obbligarlo invece a sottostare alla valutazione discrezionale del giudice civile a procedimento in corso.
Interessi giuridici. In base alla legge sulla trasparenza, dunque, il coniuge che deve difendersi in giudizio deve ottenere dal fisco le stesse informazioni patrimoniali sull'altro che il giudice potrebbe intimare all'amministrazione di consegnare.
E ciò perché i dati che le banche e le finanziarie comunicano all'anagrafe tributaria possono essere utilizzati anche da soggetti diversi dall'erario e dalla Guardia di finanza. Lo precisa la sentenza 7288/18, pubblicata dal Tar Campania. Per la causa di separazione l'uomo ha bisogno di sapere anche se la ex ha per esempio case fittate a terzi o forme di entrate che non conosce. E per bloccare la richiesta l'amministrazione invoca la norma ex articolo 7 del dpr 605/73, come modificato dal dl 223/06, convertito dalla legge 248/06. Ma la disposizione non affronta il tema dell'ostensibilità dei dati reddituali e finanziari né dell'eventuale conflitto con il diritto alla riservatezza. Si applica allora l'articolo 24, settimo comma, della legge 241/90 secondo cui deve essere garantito l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza è necessaria per difendere i propri interessi giuridici.
Sconosciuto a Serpico. Allo stesso modo la moglie può sapere dal fisco se ha conti in banca l'ex che al database Serpico risulta nullatenente. È quanto emerge dalla sentenza 6455/18, pubblicata dalla sesta sezione del Tar Campania. L'amministrazione finanziaria ha trenta giorni di tempo per tirare fuori le carte. Il marito della signora nulla ha da denunciare all'erario: appare dunque nullatenente visto che non risulta anche come locatore di immobili in contratti registrati.
Ma la donna può conoscere i rapporti che l'ex intrattiene con gli intermediari finanziari: si tratta di dati per i quali va garantito l'accesso ex articolo 5, lettera a) della legge 241/90 perché alla signora servono «per la cura di interessi giuridicamente rilevanti», vale a dire l'eventuale assegno di mantenimento su cui è chiamato a pronunciarsi il Tribunale civile.
Discipline complementari. Dal 2014 il magistrato civile ben può autorizzare l'ufficiale giudiziario a consultare l'archivio dei rapporti finanziari del debitore con banche, datore di lavoro e committenti. Ma ciò non toglie al privato la facoltà di ricorrere agli strumenti offerti dalla legge 241/90 per ottenere i dati dall'amministrazione finanziaria: lo stabilisce la sentenza 5763/18, pubblicata dalla sesta sezione del Tar Campania. L'articolo 155-sexies Cpc ha soltanto ampliato i poteri istruttori nelle controversie in materia di famiglia ma il giudice ha la facoltà e non l'obbligo di avvalersi delle opportunità ex articolo 210 cpc. L'orientamento opposto è rappresentato dalla sentenza 2024/18, pubblicata dalla prima sezione del Tar Lombardia: deve essere il giudice della separazione a decidere se e come provvedere, tenuto conto che può disporre anche indagini di polizia tributaria a carico delle parti.
Fonte: Italia Oggi Sette del 1° aprile 2019