Troppi 5 anni per stabilire che l’informativa sulla privacy di Netflix non era trasparente
Che a Netflix piaccia sbirciare tra le scelte che facciamo quando dobbiamo scegliere un film da guardare alla tv non è più un mistero, e la maggior parte degli utenti hanno ormai capito che non è un caso se viene loro suggerito un programma che corrisponde alle loro preferenze e ai loro gusti, o viene visualizzato uno spot pubblicitario proprio di un certo prodotto che adocchiavano da tempo.
Se questa sorta di “pedinamento” digitale avviene a causa dei meccanismi di profilazione che analizzano tutti i nostri comportamenti online, capire però fino in fondo cosa ci faccia realmente Netflix con i dati personali che rastrella dai suoi clienti è un'impresa ardua anche per chi volesse cimentarsi nella lettura della complessa informativa sulla privacy pubblicata dal gigante dello streaming.
E a quanto sembra non è facile comprenderlo neanche per le autorità per la protezione dei dati, perché a seguito di alcuni reclami che erano stato presentati nel lontano 2019 da un’organizzazione non profit di attivisti che persegue la tutela della privacy, il Garante olandese ha impiegato quasi 5 anni per intervenire e bacchettare Netflix per la sua mancanza di trasparenza sull’utilizzo dei dati degli utenti.
Se all’epoca l’associazione noyb.eu aveva lamentato il fatto che gli utenti non potevano essere consapevoli di essere monitorati in ogni film che guardavano perché non erano correttamente informati, solo nei giorni scorsi è finalmente arrivato il verdetto dell’authority, che ha inflitto una sanzione da 4,75 milioni di euro per violazione del GDPR.
(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)
Indubbiamente, una multa milionaria avrà avuto pure convinto Netflix a fare qualche sforzo per allinearsi alla normativa sulla protezione dei dati personali dell’Unione Europea, ma 5 anni sono davvero troppi, anche perché non avrebbe dovuto essere così complicato capire e stabilire se la società statunitense rispettasse o meno quello che richiede l’art. 12 del GDPR sul “fornire all'interessato tutte le informazioni relative al trattamento dei suoi dati in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro”, come ha sottolineato l’Avv. Stefano Rossetti, avvocato per la protezione dei dati di noyb.eu, commentando il provvedimento sanzionatorio: “Siamo soddisfatti della decisione dell’autorità olandese di emettere una multa contro Netflix. Tuttavia, ci sono voluti quasi cinque anni per ottenerlo, e in un caso molto semplice”.
Nel frattempo, Netflix da una parte avrebbe fatto passi avanti rendendo più chiara la propria privacy policy, ma a quanto ha dichiarato non avrebbe affatto digerito la sanzione milionaria, preannunciando la sua intenzione di far ricorso per contestarla.
Sta di fatto che almeno ora l’informativa sulla privacy della piattaforma è più chiara, e spiega in modo diretto che i dati dei clienti vengono analizzati per proporre “consigli personalizzati relativi ai contenuti Netflix che pensiamo possano interessarti”, e che tali informazioni vengono condivise anche con i suoi partner per attività di marketing “per inviare messaggi di marketing e informativi personalizzati” in base agli interessi dell’utente.
di Nicola Bernardi (La Ragione del 27 dicembre 2024)