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Giusta la sanzione al militare che parla male dei colleghi su WhatsApp
Giusta la sanzione disciplinare al militare che condivide con un collega una serie di messaggi di whatsapp con i quali critica e parla male di altri ufficiali. Lo stabilisce il Tar Sardegna con la sentenza del 14 marzo scorso n. 174.
Giusta la sanzione del Garante Privacy alla p.a. che aveva pubblicato i nomi dei concorrenti ad un concorso riservato ai disabili
È meritata la sanzione inflitta dal Garante della privacy alla Regione Abruzzo, per aver pubblicato sul suo sito i nomi e i cognomi degli ammessi e degli esclusi in un concorso riservato ai disabili. Con l’indicazione dei nomi e l’espresso riferimento alla legge 68/1999 che riguarda le “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, si rivela, infatti, un dato sensibile relativo alla salute dei candidati. La Cassazione respinge il ricorso della Regione contro la sanzione amministrativa di 20 mila euro, emanata dall’Authority per la violazione del Codice privacy.
Giustizia tributaria: sentenze di merito da pubblicare integralmente dal 1° giugno 2021
Sentenze tributarie di merito da pubblicare integralmente dal 1° giugno 2021: è questa l'indicazione che il garante del contribuente della Lombardia dà al Mineconomia con il parere del 6 maggio 2021 . Il parere conclude l'iter avviatosi per effetto della segnalazione di Aidc (Associazione italiana dottori commercialisti) sezione di Milano nonché a livello nazionale.
Gli impatti in materia di privacy su controlli a distanza e controlli difensivi con i sistemi di Intelligenza Artificiale
Sempre più spesso le organizzazioni utilizzano soluzioni tecnologiche basate su algoritmi di intelligenza artificiale (IA) al fine aumentare la sicurezza dei propri sistemi informativi. Le varie tipologie di controlli presentano un diverso grado di invasività sulla privacy e sui diritti e libertà dei lavoratori.
Google deve rimuovere anche le url dei siti sorgente che pubblicano la condanna per diffamazione
Google paga i danni morali per la mancata rimozione delle url - relative ad una notizia oggetto di una condanna per diffamazione - comprese quelle riferibili ai siti gestiti da altri motori di ricerca. E questo perché Google come internet service provider, mette a disposizione degli utenti i riferimenti necessari per identificarli. La Cassazione (sentenza 18430/2022) respinge il ricorso di Google Llc, contro la condanna a pagare 25 mila euro di danni morali a causa della sofferenza patita da un utente.
Google perde il ricorso sulla sanzione del garante francese e ora dovrà pagare 50 milioni di euro
A gennaio del 2019, era stata la Cnil la prima autorità nazionale per la protezione dei dati che aveva imposto in Europa una sanzione ai sensi del Gdpr, bacchettando Google per non essere "sufficientemente chiaro e trasparente" in merito alle opzioni sulla privacy messe a disposizione degli utenti del sistema operativo Android, ma la decisione del Garante francese non aveva affatto trovato d’accordo il colosso americano che aveva subito annunciato di avere intenzione di fare ricorso, di cui adesso arriva però il verdetto negativo.
Google viola il Codice della Privacy ma non deve risarcire la moglie adulterina scoperta dal marito grazie a Street View
Google non deve risarcisce la moglie adulterina costretta a confessare l’esistenza di un amante, cedendo alle pressioni del marito, che aveva visto la sua auto in una via “insolita” grazie a Google Maps. L’auto era infatti stata ripresa, senza targa oscurata con la funzione Street View, in assenza di qualunque avvertenza che su quella strada si stavano facendo delle riprese fotografiche. La donna aveva dunque chiamato in giudizio Google Italy, al quale attribuiva la fine del suo matrimonio.
I magistrati non sono di per sé "personaggi pubblici", solo perché svolgono una funzione di pubblico rilievo
I magistrati non sono di per sé "personaggi pubblici", solo perché svolgono una funzione indiscutibilmente di pubblico rilievo. Per cui la pubblicazione della loro immagine è legittima solo col consenso dell'interessato e solo entro i limiti per cui è stato prestato. Anche se ciò non esclude a priori che un giudice possa comunque assurgere a persona pubblica se ricorrono alcune circostanze o caratteristiche. Questo il chiarimento contenuto nella sentenza della Corte di cassazione penale n. 13197 depositata il 29 aprile 2020.
I messaggi di WhatsApp non valgono come prova nel processo tributario: i dati rimangono solo nel dispositivo senza lasciare traccia
Inutilizzabili i messaggi WhatsApp nel processo tributario in quanto a differenza degli sms i dati rimangono archiviati solo nel dispositivo senza lasciare traccia. Questo quanto si ricava dalla recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia n. 105.01.2021.
I messaggi WhatsApp mantengono le stesse garanzie costituzionali della corrispondenza tradizionale
La Corte di Cassazione (sentenza n. 25549/2024) ha enunciato il principio di diritto secondo cui in tema di mezzi di prova, i messaggi WhatsApp e gli SMS conservati nella memoria di un telefono cellulare conservano la natura di “corrispondenza” anche dopo la ricezione da parte del destinatario.
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