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La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell'acquisizione di corrispondenza del sen. Renzi in violazione dell'art. 68, terzo comma, Cost.

È illegittimo l’accertamento bancario alla società fondato sulle movimentazioni risultanti dai conti dei soci, se l’ufficio non giustifica adeguatamente la loro riferibilità all’ente. A fornire questo importante principio è la Cassazione con la sentenza n. 33596/2019, depositata il 18 dicembre 2019.

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In tema di trattamento illecito di dati personali, nella norma incriminatrice di cui all'art. 167, d.lgs. 196/2003, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 101/2018, il richiamo alla necessità del verificarsi di un nocumento è rimasto immutato, sebbene nell'attuale versione normativa la determinazione del nocumento si configura come un elemento costitutivo della fattispecie penale e non più come condizione obiettiva di punibilità, idonea cioè ad attualizzare.

Non incorre nel rischio di una sanzione penale chi insulta l'interlocutore in una video chat, anche se alla presenza di più persone. Non scatta infatti il reato di diffamazione, dal momento che la persona offesa è presente, ma si rientra nella fattispecie dell'ingiuria che però è stata depenalizzata dalla legge n. 7 del 2016. La Corte di cassazione, sentenza n. 10905 del 31 marzo 2020, ha così accolto il ricorso di un uomo che era stato condannato al pagamento di 600 euro di multa.

A partire dal 1° luglio 2018, le cause pregiudiziali nelle quali sono coinvolte persone fisiche saranno rese anonime. Alla luce dell'entrata in vigore del nuovo Regolamento UE 2016/679 sulla protezione dei dati personali, la Corte di Giustizia UE ha deciso di rafforzare la protezione dei dati nell'ambito delle pubblicazioni relative alle cause pregiudiziali. Sarà eliminato anche qualsiasi elemento supplementare atto a consentire l'identificazione delle persone implicate.

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La Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza sulla causa C-746/18 nel risolvere un rinvio pregudiziale sulla normativa dell'Estonia chiarisce le finalità che giustificano l'accesso all'insieme dei dati relativi alle comunicazioni di un soggetto attenzionato dalla giustizia penale. Il punto è la tutela dei dati personali coperti dalla privacy che può risultare violata da un accesso indiscriminato, che consente di analizzare tutto il traffico delle comunicazioni di un dato soggetto e l'ubicazione dello stesso.

Lo scoring automatizzato dell'affidabilità creditizia, determinante per la concessione di un prestito, è già in sé un processo decisionale. Ci vuole, pertanto, una legge a monte che autorizzi questa attività in un quadro di garanzie. Tra queste la principale è costituita dal diritto a sapere il risultato della profilazione (ad esempio “cattivo pagatore”) e come si è arrivati a questo risultato.

Il 26 aprile 2023 la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ("CGUE" o "Corte") con la sentenza T-557/20 è tornata ad esprimersi su un tema molto importante quale quello dei requisiti per ritenere un dato anonimizzato. In particolare, la CGUE ha stabilito che i dati pseudonimizzati trasmessi a un destinatario (in questo caso ad una società di consulenza) non possono essere considerati dati personali se il destinatario non dispone di mezzi legali concretamente realizzabili che gli consentano di accedere alle informazioni aggiuntive, necessarie per poter reidentificare gli interessati.

La Corte di Giustizia UE ha risolto alcune questioni in materia di interpretazione del Gdpr, tra cui se la firma autografa sia o meno un dato personale, se i documenti forniti al Registro delle imprese possano essere pubblicati senza un consenso esplicito, i casi in cui i danni morali derivanti dalla pubblicazione di dati personali siano risarcibili, e sul valore dei pareri emessi da un’autorità garante.

Ogni persona ha il diritto di sapere a chi vengono comunicati i propri dati personali. Lo ha affermato il 12 gennaio 2023 la Corte di giustizia dell'Ue con la sentenza nella Causa C-154/21, aggiungendo che il titolare del trattamento può tuttavia limitarsi a indicare le categorie di destinatari qualora sia impossibile identificare questi ultimi, o nel caso la richiesta sia manifestamente infondata o eccessiva.

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