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Porta aperta alle class action e alle richieste danni contro il social network che esagera sulla gratuità dei servizi offerti agli utenti digitali. I dati personali sono inseriti in un circuito di sfruttamento commerciale e tutto questo va chiarito fin da subito. Se, invece, si pone l'accento magnificando la gratuità del servizio, allora si commette pubblicità ingannevole. E l'Antitrust applica la relativa sanzione pecuniaria e può obbligare a diffondere un comunicato che metta in evidenza la scorrettezza. Così come è capitato a Facebook, cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha applicato una sanzione di 5 milioni di euro, obbligando a pubblicare un avviso in cui dichiara di avere violato il codice del consumo, per mancata adeguata informazione agli utenti. Le sanzioni sono state confermate dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2631 del 29/3/2021.

Indietro tutta sulla decisione del Tar Lazio (n. 07333/2021) che aveva ordinato alla Rai di dare all'avvocato Andrea Mascetti gli atti propedeutici al servizio giornalistico che lo riguardava nell'ambito della puntata di Report, "Vassalli, valvassori e valvassini", del 26 ottobre 2020. Il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 11 aprile 2022, n. 2655 ha infatti accolto il ricorso della televisione pubblica affermando che è legittimo il diniego di accesso alla documentazione che conterrebbe informazioni false ed errate se nell'istanza non è spiegato il nesso di strumentalità con la lesione dell'onore paventato dall'istante, considerato che si tratta di documentazione, che non è stata diffusa all'esterno.

Si possono ottenere dal fisco le informazioni su reddito e patrimonio dell'ex coniuge se i dati servono a difendersi nelle cause di separazione o divorzio; è ampia, infatti, la nozione di documento amministrativo cui va garantito l'accesso al cittadino in base alla legge sulla trasparenza, al punto da comprendere l'archivio dei rapporti finanziari, vale a dire l'anagrafe dei conti correnti, accanto alle denunce fiscali e agli immobili di proprietà affittati a terzi. Il tutto anche senza l'autorizzazione o l'intervento del giudice: viaggiano su due piani distinti l'ostensione dei documenti in possesso dell'amministrazione finanziaria e l'esercizio dei poteri processuali e istruttori.

Una bussola per il sequestro di dati informatici. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 34265 della sesta sezione penale ha stabilito che in materia di sequestro probatorio di dispositivi informatici o telematici, la copia-integrale dei dati contenuti costituisce solo una “copia-mezzo”, che permette la restituzione del dispositivo, ma non legittima il trattenimento dell’insieme dei dati oltre il tempo necessario a selezionare, tra la molteplicità delle informazioni in essa contenute, quelle pertinenti al reato per cui si procede.

Le persone offese dal reato possono opporsi alla restituzione all’indagato dei dati originali e delle copie forensi del cellulare. E hanno diritto ad averle per opporsi all’archiviazione. La Cassazione (sentenza 9820) accoglie il ricorso dei congiunti della vittima, di un omicidio preterintenzionale, contro la decisione del Gip di rendere cellulare e tabulati all’indagato, negando la copia alle parti offese. Ad avviso del Gip, infatti, queste ultime non potevano opporsi ad un provvedimento, che può essere contestato solo quando ci sono dubbi sulla proprietà dei beni.

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Illegittima la sospensione della prescrizione introdotta dalla riforma del codice privacy. La Consulta con la sentenza n. 260 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, recante «Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)».

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È incostituzionale una disciplina regionale che regola il trattamento dei dati personali nella installazione degli impianti di videosorveglianza, in quanto vìola gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e invade le competenze legislative esclusive dello Stato nella materia "ordinamento civile".

La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell'acquisizione di corrispondenza del sen. Renzi in violazione dell'art. 68, terzo comma, Cost.

È illegittimo l’accertamento bancario alla società fondato sulle movimentazioni risultanti dai conti dei soci, se l’ufficio non giustifica adeguatamente la loro riferibilità all’ente. A fornire questo importante principio è la Cassazione con la sentenza n. 33596/2019, depositata il 18 dicembre 2019.

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In tema di trattamento illecito di dati personali, nella norma incriminatrice di cui all'art. 167, d.lgs. 196/2003, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 101/2018, il richiamo alla necessità del verificarsi di un nocumento è rimasto immutato, sebbene nell'attuale versione normativa la determinazione del nocumento si configura come un elemento costitutivo della fattispecie penale e non più come condizione obiettiva di punibilità, idonea cioè ad attualizzare.

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