Commette il reato di diffamazione l'amministratore di condominio che diffonde a terzi informazioni sulla morosità altrui
E' diffamazione rendere noto a terzi lo stato di morosità altrui. Infatti, l'amministratore di condominio deve sempre tutelare la privacy dei condòmini con riferimento ai loro dati personali sui pagamenti delle spese condominiali, di cui abbia conoscenza in ragione del suo mandato professionale. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 22184 del 5 settembre 2019, con la quale i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un amministratore di condominio e del suo avvocato contro la sentenza d'appello che li aveva ritenuti responsabili in solido e li aveva condannati al pagamento di un risarcimento del danno a un condomino.
Il caso riguardava l'invio, da parte del legale dell'amministratore del condominio, con l'approvazione di quest'ultimo, di una serie di lettere di sollecito indirizzate a diversi destinatari nelle quali si dava comunicazione che il condomino era inadempiente al pagamento delle spese condominiali.
Per la Corte d'appello, benchè il contenuto corrispondesse al vero, era però diffamatorio, violavando inoltre il diritto alla riservatezza del condomino, in quanto "lo raffigurava come un soggetto inadempiente alle suddette obbligazioni pecuniarie, notizia lesiva del suo grado di affidabilità commerciale".
Nella sua decisione, con cui ha confermato la sentenza dell'appello, la Cassazione ha affermato "l'inesistenza delle scriminanti del diritto di libera espressione del pensiero e del diritto di esercizio del diritto di difesa, in assenza del relativo accertamento da parte del giudice del presupposto di fatto". Quanto alla libera manifestazione del pensiero, secondo i supremi giudici, non "risulta accertata che nella fattispecie vi sia stata la manifestazione di un'opinione, ma solo l'invio di missive concernenti una diffida stragiudiziale o la denuncia di circostanze di fatto".