Frasi offensive e sessiste nella promozione sui social: sì alla rimozione d’urgenza dei riferimenti del cliente
Va bloccata in via d’urgenza la pubblicazione delle recensioni di libri, richiesta a pagamento dal loro editore, quando l’incaricato della promozione abbia usato sui social espressioni offensive e sessiste. Infatti, in questo caso esiste il rischio, per l’editore e gli autori dei libri da recensire, di un discredito per il fatto che la loro immagine sia associata a quella del promotore. Lo afferma il Tribunale di Bologna (giudice Antonio Costanzo) in un’ordinanza del 12 marzo 2021.
Questi i fatti. Con contratto dell’aprile 2020, l’editore ricorrente aveva conferito al convenuto un «incarico promozionale multiplo» per il lancio pubblicitario di 12 libri. In particolare, il promotore si era impegnato a proporre ciascun libro, per quattro mesi, a radio, Tv, testate giornalistiche e siti web italiani, nonché a ottenere interviste e recensioni.
Dopo la promozione dei primi due libri, nel luglio 2020 l’editore comunicava al convenuto di voler recedere con effetto immediato dal contratto; ciò a seguito della pubblicazione, sugli account social del convenuto, di espressioni ritenute violente, offensive e sessiste nei confronti di una blogger, a cui l’ufficio stampa del convenuto aveva inviato un libro, poi recensito in termini non favorevoli. Ciò nonostante, il convenuto aveva successivamente pubblicato un post di promozione relativo a uno dei 12 volumi.
Così l’editore ha chiesto al giudice di ordinare al convenuto, in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile, l’immediata rimozione dai propri canali di ogni riferimento, pubblicazione o promozione che riguardasse la sua casa editrice, compresa «la cancellazione della stessa dal “portfolio clienti”».
Nell’accogliere la domanda cautelare, il giudice afferma, innanzitutto, che i messaggi pubblicati sui social del promotore «hanno certamente e obiettivamente (…) una portata offensiva e lesiva» non solo della dignità della blogger destinataria, ma anche del diritto della stessa «di esprimere liberamente, e in forma conveniente, la propria opinione in un ambito aperto al vasto pubblico». Rileva quindi che, nonostante la diffida del ricorrente a non dar seguito ad altre promozioni di libri, il convenuto aveva pubblicato sulla propria pagina Instagram un post che pubblicizzava un altro dei 12 volumi oggetto dell’accordo firmato nell’aprile 2020. Osserva infine che il nome dell’editore ricorrente, le sue pubblicazioni e i relativi autori continuavano a essere riportati nel sito internet dell’ufficio stampa del promotore.
Secondo il tribunale, ulteriori accostamenti dell’editore ricorrente al convenuto possono essere fonte di pericolo di danno per la lesione dell’immagine del primo (e quindi di perdita di autori e lettori), con possibili ripercussioni sul piano economico «non agevolmente suscettibili di riparazione» successivamente. Così il giudice ha inibito «al convenuto di divulgare e promuovere qualsivoglia pubblicazione o opera edita» dal ricorrente.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 4 ottobre 2021