Non vale la scusa della privacy per i figli i minorenni: i genitori sono obbligati a controllare i loro profili social
I genitori devono controllare i profili social dei figli minorenni, anche quelli fake, soprattutto se questi ultimi sono particolarmente fragili o immaturi, per evitare abusi e condotte illecite. A loro discolpa non possono invocare le scarse competenze informatiche, affermare di avere chiesto ai figli di condividere le password se poi questi hanno creato falsi profili e bloccato i genitori, e nemmeno sostenere che abbiano diritto alla loro privacy.
Lo ha precisato il Tribunale di Brescia con la sentenza n.879 del 4 marzo 2025 che ha condannato a risarcire 15mila euro di danni i genitori di una ragazza con lieve ritardo intellettivo che era riuscita a eludere la sorveglianza dei genitori creando vari profili fake tramite i quali aveva insultato ripetutamente una compagna di classe, pubblicando anche foto pornografiche con un software di manipolazione delle immagini.
Le indagini penali avviate per i reati di diffamazione aggravata, atti persecutori e detenzione di materiale pedopornografico avevano portato a individuare l’utenza della ragazza e di conseguenza i genitori della persona offesa avevano chiesto in sede civile il risarcimento dei danni subiti. La vittima, infatti, aveva dichiarato di essere stata presa di mira dai profili fake con insulti reiterati e di avere paura anche di uscire di casa. Dopo gli insulti e le minacce ricevuti su Instagram la ragazza si faceva accompagnare in tutti gli spostamenti e aveva confidato alle amiche di avere paura di essere seguita.
La suddetta sentenza fa il punto sui doveri dei genitori per quanto riguarda la sorveglianza dei dispositivi digitali dei figli minorenni. Nel caso esaminato, l’autrice dei post frequentava la scuola superiore ed era seguita anche da un’insegnante di sostegno. Per un periodo aveva anche un’educatrice domiciliare che aveva attivato un percorso di guida all’uso dei social network, che aveva segnalato ai genitori il rischio connesso all’utilizzo delle piattaforme informatiche. Il percorso educativo però non era bastato a evitare la creazione di numerosi profili fake sconosciuti ai genitori che si erano giustificati sostenendo di aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento.
Ma, secondo il Tribunale, per fornire la prova liberatoria dalla responsabilità genitoriale (in base all’articolo 2047 del Codice civile) non basta dimostrare di avere adottato la sufficiente diligenza nella vigilanza, ma si deve provare di non aver creato o lasciato permanere situazioni di pericolo, tali da permettere il compimento degli atti illeciti.
La sentenza merita attenzione anche perché tocca il tema dei contenuti intimi manipolati tramite software. Ai genitori, quindi, toccherà un dovere di sorveglianza rafforzato anche sui sistemi di intelligenza artificiale sempre più utilizzati dai ragazzi per creare o modificare i contenuti. Lasciare soli i figli minorenni davanti a uno schermo renderà di fatto impossibile la prova liberatoria in tribunale.
Le ultime pronunce sono univoche nel rafforzare i doveri di controllo dei genitori. L’obbligo di vigilanza sui figli si deve tradurre in una limitazione sia quantitativa che qualitativa dell’accesso ai social network, per evitare che vengano utilizzati in modo non adeguato da parte dei minorenni.
Ad esempio, il Tribunale di Termini Imerese, con la sentenza 304 del 10 marzo scorso, si è occupato del caso di una ragazza dodicenne che aveva aperto un profilo social sul cellulare dei genitori senza condividere con loro la password. Per il giudice tale condotta integra una violazione dell’obbligo di controllo (articolo 2048 del Codice civile), incardinando in capo ai genitori la responsabilità per “culpa in educando”. La precoce emancipazione dei minori non esclude né attenua la responsabilità dei genitori, i quali proprio per questo hanno un onere rafforzato di impartire ai figli l’educazione necessaria, che comprenda il corretto utilizzo di software e dispositivi digitali, intelligenza artificiale inclusa.
Invece il Tribunale di Parma, con sentenza del 5 agosto 2020, ha incluso l’educazione digitale tra i doveri genitoriali, richiedendo una supervisione costante dei dispositivi elettronici da parte di entrambi i genitori, con filtri adeguati per evitare contenuti inappropriati.
I genitori sono quindi tenuti non solo a impartire ai figli minorenni un’educazione all’uso delle tecnologie consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche a verificare che abbiano acquisito i valori insegnati, e non possono esimersene accampando scuse sul fatto che un figlio adolescente avrebbe diritto alla sua privacy.
Ovviamente, il perimetro della vigilanza parentale va diversamente definito in base alla maturità del figlio che può, a sua volta, differenziarsi in ragione del contesto.
Infatti, la Corte di Cassazione – così come alcuni Tribunali di merito – pur consacrando il diritto/dovere dei genitori di sorveglianza e/o vigilanza nei confronti dei figli, ha più volte ribadito che “il diritto/dovere di vigilanza sulle comunicazioni del minore, che giustifica l'intrusione nella sfera di riservatezza del fanciullo solo se determinata da una effettiva necessità [debba essere] esercitato in maniera funzionale al perseguimento delle finalità per cui il potere è conferito” (in ultimo, Cass. penale 19 gennaio 2024 n. 7470).