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Giro di vite contro l'attivazione sui cellulari di servizi a pagamento non richiesti: le Telco non possono difendersi semplicemente invocando un "fraintendimento" tra l'operatore e il cliente. La Corte di cassazione, sentenza n. 27554/2021 ha infatti confermato la decisione del Garante privacy relativa al trattamento illecito operato da Tim per aver attivato in via unilaterale l'opzione "Internet Play" sul telefono di un cliente.

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Con la sentenza sulla causa C-46/23 la Corte Ue ha chiarito che in caso di trattamenti illeciti l’Authority nazionale ha facoltà di ordinare la cancellazione di dati, anche in assenza di una previa richiesta dell’interessato. E la cancellazione può riguardare sia i dati raccolti presso l’interessato stesso sia quelli provenienti da un’altra fonte.

Si può sempre revocare il consenso alla pubblicazione delle proprie foto su Facebook. Ha infatti avuto ragione un uomo di 55 anni della provincia di Bari che aveva fatto causa a una donna che si rifiutava di cancellare oltre mille fotografie postate sul social network negli anni della loro frequentazione. Rimaste senza riscontro le richieste e le diffide inviate anche per vie legali, l'uomo ha deciso di rivolgersi in via d’urgenza al tribunale di Bari, che si è pronunciato con l’ordinanza del 7 novembre 2019 a conclusione del procedimento civile 6359/2017.

Si fa sempre più ricorrente la possibilità su internet di imbattersi in una delle sofisticate fattispecie di "truffe romantiche". Trappole tese in rete da persone singole o gruppi criminali organizzati con l'obiettivo di sedurre naviganti "deboli" del web tramite i social-network, creando profili "attraenti" e generando false identità. Nella prassi gli adescatori scambiano con le vittime designate lunghi messaggi adulatori, dai tratti prima confidenziali e amicali; poi affettivi o persino sessualmente allusivi.

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L'invio di un messaggio di posta elettronica certificata - anche a più destinatari - non costituisce di per sè l'aggravante del terzo comma dell'articolo 595 del Codice penale che punisce la diffamazione. Inizialmente la norma prvedeva l'aggravante per la condotta commessa a mezzo stampa. Oggi la nozione è quella della potenziale pubblicità che, con i nuovi mezze di comunicazione, può raggiungere un contenuto diffamatorio. L'immissione in internet di un messaggio è già stata considerata dalla giurisprudenza come presunzione di un alto rischio di diffusione dei contenuti condivisi.

È l'invasività nella sfera privata del destinatario delle plurime comunicazioni, effettuate a fini di disturbo o molestia, a far scattare il reato previsto dall'articolo 660 del Codice penale. E non rileva che esse non siano realizzate con lo strumento del telefono come esplicitamente indica la norma. La Corte di cassazione - con la sentenza n. 34171/2023 - ha precisato che il reato può ben essere commesso anche con l'inoltro di messaggi di posta elettronica.

La banca non deve rimborsare al cliente vittima di phishing le somme sottrattegli dal conto corrente se dimostra la sua condotta «fortemente imprudente» nell’aver comunicato al truffatore le credenziali di accesso. Lo ha precisato il Tribunale di Roma con la sentenza 16588 del 15 novembre scorso.

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La colpa per le violazioni privacy ricade sull'organizzazione (impresa, ente privato o pubblico), chiamata a pagare le sanzioni, anche se non è identificata la singola persona (ad esempio il dipendente), che ha materialmente commesso la violazione.

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Con la sentenza nella causa C-311/18 del 16 luglio 2020, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha invalidato il "Privacy Shield", ovvero l’accordo largamente difuso con cui grandi organizzazioni e multinazionali potevano fino ad ora legittimare il trasferimento di dati personali tra Europa e Stati Uniti.

La Corte di giustizia europea ha bocciato oggi le normative nazionali che impongono la raccolta e la conservazione indiscriminata dei dati personali da parte delle società di telecomunicazioni e di quelle tecnologiche operanti in questo campo, confermando che il diritto dell'Unione si oppone a questo tipo di disposizioni salvo quando siano giustificate da una "grave minaccia" alla sicurezza nazionale.

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Privacy e Lavoro nell'era degli algoritmi

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