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Legittimo il licenziamento del dipendente che offende più volte i capi su Facebook
È legittimo il licenziamento del dipendente che ha pubblicato plurimi insulti ai suoi capi sulla propria pagina Facebook. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27939/2021, respingendo il ricorso di un account manager di Tim. Confermata dunque la decisione della Corte di appello di Roma che nel novembre 2018, aveva respinto il ricorso contro il licenziamento "per giusta causa" di un addetto alla "Gestione della comunicazione pubblicitaria nazionale ad uso locale" (insegne della grande distribuzione, eventi, promozione locale dei negozi).
Legittimo l'utilizzo delle foto di conversazioni WhatsApp come prova di infedeltà nella causa di separazione
La Cassazione con l'ordinanza del 12 maggio 2023, n. 13121 ha ribadito un principio consolidato cioè, che in tema di separazione, grava sulla parte che richieda , per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge, l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza , mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza , provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda , vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà.
Licenziabile chi cede la password a terzi per far passare in modo fittizio la revisione auto
Licenziamento disciplinare del dipendente che cede a terzi le proprie credenziali per l'accesso al sistema informatico dell'Amministrazione per effettuare revisioni di veicoli con esito positivo mai avvenute nella realtà. Il provvedimento. Questo il contenuto della sentenza n. 27960/2018, che di fatto ha respinto l'appello della lavoratrice.
Licenziabile il dipendente Inps che accede illecitamente alla banca dati dell’Istituto
Legittimo il licenziamento del dipendente Inps che accede illegittimamente alla banca dati per conoscere conti e posizioni degli iscritti. Lo ha deciso la Cassazione con sentenza 7272 del 19 marzo 2024.
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Licenziamento disciplinare nullo se non si rende noto chi ha indagato
Il licenziamento disciplinare intimato dalla società al proprio dipendente per condotte apprese mediante investigazione privata è nullo se dal provvedimento di espulsione non viene resa nota l'identità del soggetto che in concreto ha svolto l'attività investigativa.
Licenziamento nullo per il dipendente che insulta il capo su una chat privata tra colleghi
L’utilizzo di una chat su whatsapp tra colleghi di lavoro per veicolare messaggi vocali di contenuto offensivo, minatorio e razzista nei confronti di un superiore gerarchico e di altri dipendenti non ha contenuto diffamatorio, non costituisce violazione dell’obbligo di fedeltà e non ha, in definitiva, portata rilevante sul piano disciplinare.
Lo smartphone sequestrato deve essere restituito al legittimo proprietario dopo che è stata realizzata la copia forense
Lo smartphone sequestrato deve essere restituito al legittimo proprietario dopo che è stata realizzata la copia forense. Una volta che la memoria del telefonino è stata clonata, possono essere svolte ulteriori indagini e viene meno la necessità di mantenere il sequestro probatorio sul cellulare e sulla scheda. Così la sentenza 44010/22 della Cassazione, VI sez. pen.
L’archiviazione giornalistica prevale sul diritto all’oblio: la carta baluardo della 'memoria collettiva'
La Corte di Cassazione ha di recente affrontato un tema particolarmente spinoso, declinando i principi utili per bilanciare il diritto all’oblio con quello alla cronaca. La decisione nasce da una vicenda piuttosto comune: un soggetto che aveva patteggiato una condanna ad otto mesi per truffa in pubbliche forniture (dispositivi medicali) adiva l’Autorità Giudiziaria citando in giudizio la testata giornalista online sulla base della persistenza in rete della notizia di cronaca relativa.
L’intercettazione di colloqui protetti tramite un trojan non rende inutilizzabile tutte le acquisizioni
Il trojan o captatore informatico non costituisce un autonomo mezzo di ricerca della prova, ma “solo” una particolare modalità tecnica per effettuare l’intercettazione delle conversazioni tra presenti. Di conseguenza non può rientrare tra i metodi il cui utilizzo, per l’effetto di pressione sulla libertà fisica e morale della persona, è vietato dal Codice di procedura penale. Inoltre, la possibile intercettazione di conversazioni di cui è vietata la captazione ha effetti non tanto sul decreto che autorizza all’uso del trojan, quanto su quella specifica intercettazione e solo su quella, che potrebbe essere giudicata come inutilizzabile.
L’investigatore privato condannato per il porto d’armi scaduto non può evitare la pubblicazione del suo nome nella sentenza
Chi viene condannato in tribunale può mantenere la propria privacy chiedendo che le proprie generalità non vengano riportate sulla sentenza pubblicata solo se vi sono dati sensibili o se la vicenda trattata riveste particolare delicatezza. La Cassazione non ha pertanto accolto la richiesta di un investigatore privato che chiedeva di oscurare i propri dati personali in una sentenza riguardante la sua condanna penale relativa al porto illegale di armi, perché ha ritenuto non legittime come motivazioni le "negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato (…) in ambito familiare o lavorativo."