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Chi vuole posizionare sistemi di videosorveglianza fuori casa deve documentare bene questa scelta. Senza un legittimo interesse concreto e documentato meglio infatti limitare il cono di ripresa alla soglia della propria abitazione per non incorrere in sanzioni.

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La videosorveglianza per la sicurezza urbana va necessariamente gestita nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini. Da qualche anno, sempre più spesso si ha notizia di rilevanti fondi statali posti a disposizione dei Comuni per implementare sistemi di videosorveglianza funzionali alla prevenzione ed al contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria.

L’attivazione e la gestione di un sistema di videosorveglianza all’interno di un condominio, per controllare le aree comuni, comporta un trattamento di dati personali che, al fine di evitare sanzioni pecuniarie, deve essere necessariamente progettato ed eseguito attuando in modo efficace i principi di protezione dei dati personali. Non basta quindi l’apposizione di un semplice cartello con un’icona ma bisogna realizzare una serie di adempimenti che postulano la necessità di coinvolgere un consulente privacy veramente esperto. È fortemente sconsigliato il “fai da te”!

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All’esito dell’attività ispettiva condotta da parte dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali iniziata nel 2021, l’ambito della videosorveglianza ha registrato un rilevante numero di non conformità per lo più riconducibili a trasparenza, liceità e limitazione della conservazione.

Torna a far parlare di sé per le lacune nel rispetto della privacy la casa della moda Hennes & Mauritz dopo che nel 2020 fu sanzionata dal Garante svedese a pagare una multa di 35,3 milioni di euro per aver “spiato” i propri dipendenti nella filiale tedesca di Norimberga.

Nuovo cartello per la videosorveglianza. È inserito nelle linee guida n. 3/2019 elaborate dal Comitato Europeo per la protezione dei dati (Edpb), in corso di approvazione, dedicate alla disciplina del trattamento dei dati attraverso apparecchiature di videoripresa, alla luce del regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr).

Il provvedimento generale sulla videosorveglianza dell'8 aprile 2010 non può più essere utilizzato direttamente per fissare i tempi di conservazione dei filmati. Oltre all'accountability infatti c'è anche un errore nel corpo del provvedimento che ne limita l'applicazione generalizzata. Lo ha chiarito la Cassazione, sez. II con l'ordinanza n. 19950 del 16 luglio 2024.

In caso di installazione di un impianto di videosorveglianza in mancanza di accordo sindacale, il consenso del lavoratore non costituisce esimente della responsabilità penale. È il principio affermato dalla Cassazione con sentenza 1733 del 17 gennaio 2020.

Il Garante privacy ha comminato una sanzione di 1.000 euro a un amministratore di condominio che aveva installato un sistema di videosorveglianza senza la delibera dell’assemblea condominiale.  Nel caso oggetto del provvedimento, i condomini erano stati avvisati dell’installazione delle telecamere con una semplice email.

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In dottrina e in giurisprudenza vi è stato un ampio dibattito se la normativa sulla privacy impedisca la ripresa con telecamere delle parti comuni condominiali: la Corte di Cassazione (sentenza 30191/2021) ha concluso positivamente.

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