Federprivacy
Federprivacy è la principale associazione di riferimento in Italia dei professionisti della privacy e della protezione dei dati, iscritta presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MISE) ai sensi della Legge 4/2013. Email: [email protected]
Auto connesse e Assistenti vocali: le Linee guida dei Garanti privacy europei
Maggiori tutele per la privacy di conducenti e passeggeri delle auto connesse, trasparenza e sicurezza per i dati personali trattati dagli assistenti vocali sempre più usati da privati e imprese. Il Comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb), ai cui lavori partecipa attivamente anche il Garante italiano, ha adottato specifiche linee guida per produttori e utilizzatori di tecnologie divenute ormai di uso quotidiano.
Approvate le linee guida per l'uso dei social network da parte dei magistrati amministrativi
Il Plenum del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa ha approvato le prime linee guida "sull'uso dei mezzi di comunicazione elettronica e dei social media da parte dei magistrati amministrativi". La delibera - come ha sottolineato il Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi nel corso del dibattito in Cpga - vuole fornire "regole di comportamento condivise, frutto del comune sentire della magistratura amministrativa".
Telepass, sanzione da 2 milioni di euro per non aver fornito informazioni adeguate sul trattamento dei dati degli utenti
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato a Telepass Spa e Telepass Broker Spa una sanzione di 2 milioni di euro per una pratica commerciale ingannevole nell’attività di distribuzione di polizze assicurative Rc Auto tramite la propria App, a favore dei clienti titolari degli abbonamenti Telepass Family e Telepass Viacard.
Whistleblowing, le sanzioni contro l'autore di una segnalazione sono illegittime
Il TAR Lazio, Sez. I, con l'ordinanza n. 1547/2021, respinge l'istanza cautelare avanzata da un segretario comunale raggiunto da una sanziona pecuniaria per avere a sua volta sanzionato un dipendente pubblico che aveva segnalato illeciti sul posto di lavoro. Il Tribunale regionale ha respinto le richieste del ricorrente perché il provvedimento dell'ANAC emesso nei suoi confronti è ben motivato.
Diffamatorio il post di Facebook che ritrae operai comunali facendo notare che non lavorano
Attenzione alle critiche espresse sul proprio profilo Facebook. Infatti, può costituire diffamazione la diffusione di foto che riprendono un momento "criticabile" della vita di terzi dando, in pasto all'estesa platea dei social, l'impressione che lo scatto sia rappresentativo di una condotta generalizzata di chi vi è ritratto e di cui così si offende la reputazione. La Corte di cassazione con la sentenza n. 11426/2021 ha respinto il ricorso contro la condanna per diffamazione di un privato cittadino che dopo aver fotografato gli operai di un cantiere pubblico postava la foto su Facebook con una discalia che puntava il dito - con ironia e senza espressioni formalmente offensive - sull'attegiamento estremamente rilassato se non disinteressato rispetto al lavoro che questi stavano svolgendo.
Ora i dipendenti preferiscono WhatsApp alla mail: dati aziendali fuori controllo
Oltre il 70% degli impiegati utilizza app di messaggistica per condividere dati sensibili e informazioni critiche dell'azienda, e il 52% di professionisti e manager d’impresa fotografa documenti di lavoro riservati e li spedisce tramite WhatsApp, ma uno su quattro di essi (24%) sbaglia destinatario. Rapetto: “Si consegnano inconsapevolmente le chiavi dell’ufficio e in particolare quelle dei cassetti più riservati”. Bernardi:” Molte aziende hanno perso il controllo dei propri dati personali a causa delle app”. Decalogo di Federprivacy per aiutare le imprese a disciplinare l’uso di servizi aziendali di chat e messaggistica elettronica in conformità al Gdpr.
Consiglio di Stato: i consiglieri comunali non possono conoscere i nomi dei beneficiari dei buoni spesa Covid-19
Il segreto di ufficio al quale è tenuto il consigliere comunale non consente un accesso senza limiti ai dati delle pratiche trattate dal comune. È, di conseguenza, illegittimo accedere ai nominativi delle persone che hanno chiesto il beneficio dei buoni spesa, previsti dall'ordinanza della Protezione civile 658/2020. Il Consiglio di stato, con la sentenza della Sezione V 11 marzo 2021, n. 2889 corregge il tiro della Tar Basilicata, sezione I, 25 settembre 2020, n. 574, che aveva considerato legittimo fornire ad un consigliere comunale i nominativi e i dati personali delle persone che avevano richiesto l'aiuto economico al comune.
Cyberbullismo, tutele flop con soli 11 ammonimenti lo scorso anno
Nel 2020 i cyberbulli ammoniti dal questore sono stati 11; nel 2019 sono stati nove e nel 2018 si sono contati 20 ammonimenti. Nei primi sei mesi del 2020 sono stati trattati 179 casi di prepotenza cibernetica online tra adolescenti e sono stati denunciati 49 minori per reati di cyberbullismo. I numeri sulla applicazione di alcuni mezzi di tutela contro il bullismo digitale, forniti rispettivamente dalla Polizia di Stato e dal ministero dell'Interno, sono molto distanti da quelli annotati dalle ricerche statistiche sulla diffusione della prepotenza cibernetica a danni di minori: si impone, dunque, una riflessione sulla effettività delle disposizioni varate con la legge n. 71 del 2017.
Per il Tar Sardegna legittimi i tamponi in ingresso, il diritto alla salute prevale su quello alla privacy
Il tampone rapido all'ingresso e il tracciamento dei passeggeri per verificare che si sottopongano alle prescrizioni della regione sono legittimi. Perché il diritto alla salute è prevalente rispetto a quello alla privacy. L'ha deciso il Tar, decisione 18 marzo n. 156, sul ricorso cautelare di due avvocati cagliaritani per conto del Comicost, Comitato per le libertà costituzionali, e 79 cittadini, quasi tutti di fuori regione. "Proprio la classificazione della Sardegna come zona bianca giustifica la previsione di strumenti precauzionali come quelli introdotti dalla Regione", scrivono i giudici, presidente Dante D'Alessio, estensore Tito Aru, consigliere Gianluca Rovelli.
Il 56% degli italiani pagherebbe per avere più privacy
Secondo uno studio condotto da OpenText per indagare il rapporto degli utenti con le aziende in materia di privacy dei dati, oltre la metà degli italiani (56%) sarebbe disposta a spendere di più pur di affidarsi ad aziende che offrono una maggiore protezione dei dati personali, superando così inglesi (49%), tedeschi (41%), spagnoli (36%) e francesi (17%). La ricerca evidenzia che gli italiani fanno ancora fatica a fidarsi del tutto dei metodi di gestione dei dati personali: più di 1 su 4 (26%) diffida infatti della capacità da parte delle aziende di mantenere le informazioni private e al sicuro, mentre addirittura quasi la metà (48%) ritiene che solo alcune realtà possano essere considerate davvero affidabili.