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Visualizza articoli per tag: intelligenza artificiale

C’è ancora molto da fare sul fronte della prevenzione e repressione del cosiddetto reato di revenge porn. Oggi le vittime hanno a disposizione strumenti di tutela penali e amministrativi che però non sempre sono sufficienti a evitare la viralità dei contenuti. Sul fronte penale si può sporgere querela entro 6 mesi dalla conoscenza del fatto (termine doppio rispetto a quello ordinario). Il reato è procedibile d’ufficio se commesso ai danni di una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o di una donna in gravidanza. Non è invece prevista un’aggravante specifica a tutela dei minorenni.

Attualmente i professionisti della sicurezza possono fare ricorso all’Intelligenza Artificiale per 1. prevedere le minacce ed adattarsi ad esse; 2. identificare ed eliminare le vulnerabilità esistenti; 3. rilevare ed arrestare cyber attacchi con una velocità ed efficienza che non è sempre possibile ottenere con l’analisi umana.

Il tema del valore, anche economico, dei dati personali, è di crescente interesse nel dibattito internazionale. Infatti, a seguito del rapidissimo sviluppo tecnologico, un numero sempre maggiore di piattaforme online e di sistemi di intelligenza artificiale hanno necessità di elaborare enormi quantità di dati; ciò viene attuato dai provider mediante un modello di scambio per cui al consumatore può non essere richiesto di versare un corrispettivo monetario ma soltanto di fornire i propri dati personali per la fruizione di un determinato servizio digitale.

Come noto, recentemente il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha approvato, con la previsione della richiesta alle Camere di sollecita calendarizzazione nel rispetto dei regolamenti dei due rami del Parlamento, un disegno di legge per l’introduzione di disposizioni e la delega al Governo in materia di intelligenza artificiale.

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Il Garante Privacy vara un decalogo per la realizzazione di servizi sanitari a livello nazionale attraverso sistemi di intelligenza artificiale (IA). Trasparenza dei processi decisionali, decisioni automatizzate supervisionate dall’uomo, non discriminazione algoritmica: questi i tre principi cardine enucleati dall’Autorità.

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Il decreto Trasparenza (Dlgs 104/2022) contiene un adempimento che, a distanza di quasi un mese dalla sua entrata in vigore, sta generando tanti dubbi interpretativi negli uffici del personale: l’informativa relativa ai «sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati». Questa definizione viene direttamente dal diritto comunitario, dove viene già utilizzata per altri fini; ad esempio, nel Gdpr (regolamento 2016/679) è previsto il divieto di assoggettare un singolo individuo a una decisione generata «unicamente» da sistemi automatizzati, a meno che non siano previste adeguate misure di tutela dei diritti della persona.

Gestione degli esposti con l'intelligenza artificiale, arriva l'ok del Garante Privacy. L'aggregazione dei dati avverrà per cluster. Del tutto esclusa invece la profilazione dei soggetti citati negli esposti. Nel parere reso il 24 febbraio scorso alla Banca d'Italia, l'authority presieduta da Pasquale Stanzione si sarebbe infatti mostrata favorevole allo schema di regolamento concernente il trattamento dei dati personali effettuato nell'ambito della gestione degli esposti.

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Dopo il Garante per la protezione dei dati italiano, anche diverse altre autorità europee e d’oltreoceano hanno annunciato l’intenzione di voler correre ai ripari o quantomeno aprire un’istruttoria su ChatGPT, il software di intelligenza artificiale relazionale capace di emulare il linguaggio naturale e di “colloquiare” con esseri umani.

Non abbiamo fatto in tempo a scrollarci dietro le spalle due anni di pandemia da Covid-19, che a peggiorare la situazione è arrivata pure la guerra in Ucraina. Quanto è vero che viviamo in tempi difficili e che la ricerca di una vita serena si fa sempre più complicata, spesso le ripercussioni della situazione generale si avvertono anche nelle attività lavorative, comprese quelle dei data protection officer e degli altri addetti ai lavori che operano nel campo della privacy.

Le tecnologie che usano il riconoscimento facciale sono sempre più diffuse, e se in certi casi si rivelano utili, spesso finiscono invece per diventare un umiliante strumento di discriminazione. Aumentano infatti le vicende di cronaca che raccontano di sistemi “intelligenti” che utilizzano i dati biometrici del volto umano per individuare determinate persone e colpirle con provvedimenti punitivi come negare loro l’accesso a supermercati per fare acquisti, oppure identificarle come ospiti sgraditi cacciandole da eventi pubblici, e in certi casi privarle di loro diritti come quello di manifestare pacificamente, arrivando talvolta perfino ad arrestarle ingiustamente.

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Camera dei Deputati: Artificial intelligence e sostenibilità

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