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Commissione UE, firmata la Convenzione su 'Intelligenza Artificiale e i Diritti Umani, la Democrazia e lo Stato di diritto'

Il 5 settembre a Vilnius, in Lituania, La Commissione UE ha firmato a nome degli Stati membri del Consiglio di Europa una Convenzione su “Intelligenza Artificiale e i Diritti Umani, la Democrazia e lo Stato di diritto”.

La Convenzione ha un significato importante perché lega l’adozione di regole condivise circa l’uso della Intelligenza Artificiale con lo scopo e il fine di fondo del Consiglio di Europa di acquisire una sempre maggiore unità tra i suoi membri, basandola sul rispetto dei diritti umani e di una visione condivisa di democrazia e di Stato di diritto.

Non solo: come è affermato fin dai primi capoversi del documento, il Consiglio di Europa ha adottato questa Convenzione nella consapevolezza delle conseguenze che lo sviluppo della scienza e della tecnologia e l’espansione dell’uso delle tecnologie definite come Intelligenza Artificiale (o rientranti in questa nozione) hanno (o possono avere) nello sviluppare la prosperità del genere umano così come quella dei singoli individui, rafforzando il progresso e l’innovazione e la partecipazione di tutti alla vita sociale e culturale e alle decisioni di rilievo economico e politico, ma anche tenendo presente che un cattivo uso della IA può avere effetti repressivi e limitativi sugli individui, limitandone il libero arbitrio o sottoponendoli a una sorveglianza illegittima e a pratiche di censura dei loro comportamenti che ne limitano autonomia e libertà.

Dunque, in sostanza alla base della Convenzione in esame vi è la consapevolezza che l’IA e le tecnologie che si richiamano ad essa possono avere effetti molto limitanti della libertà e della autonomia degli individui, tanto da mettere in pericolo l’obiettivo principale del Consiglio d’Europa che è quello di avvicinare gli Stati che ne fanno parte e di sviluppare una società basata su principi comuni di libertà, di autonomia degli individui e di rispetto della legge e dello Stato di diritto.

Questa Convenzione inoltre sottolinea un pericolo mortale per lo sviluppo omogeneo e solido di una comune civiltà europea, basata su principi comuni. Per questo gli Stati del Consiglio di Europa adottano questa Convenzione, che ha come scopo dettare regole uniformi ispirate allo Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea, per regolare l’uso delle tecnologie digitali in modo coerente con la legge dell'UE sull'IA e con altre normative dell'Unione, e comprende una serie di concetti chiave della legge sull'IA, tra cui i princìpi fondamentali per un'IA affidabile, come ad esempio trasparenza, solidità, sicurezza, governance e protezione dei dati.

Lo scopo è appunto evitare che il massiccio irrompere sulla scena della storia della società digitale e delle tecnologie che la caratterizzano metta in pericolo il risultato i decenni di sforzi del Consiglio di Europea per promuovere una cultura europea aperta allo sviluppo, in Europa prima e nel mondo poi, di una visione comune di libertà, di promozione umana e di sviluppo dei principi di legalità, di autonomia e di libertà.

Francesco Pizzetti, Presidente emerito del Garante per la protezione dei dati personali

(Nella foto: Francesco Pizzetti, Presidente emerito del Garante per la protezione dei dati personali)

Da questo punto di vista è evidente che il significato fondamentale della Convenzione non è tanto nei principi che essa afferma e che dovranno essere applicati dagli Stati membri sottoscrittori alle tecnologie di IA sviluppate sui loro territori (principi che, come si è detto, sono assai simili a quelli contenuti nello AI Act della Unione Europea, quanto nel sottolineare che le nuove tecnologie, se non bene regolate e applicate, possono mettere in pericolo principi fondamentali di convivenza civile sviluppatisi nel contesto mondiale e, soprattutto, in quello europeo negli ultimi decenni.

Di qui, appunto, l’origine di questa Convenzione ma anche il suo valore più significativo che riguarda sia l’orgogliosa consapevolezza del contributo che le organizzazione europee, sviluppatesi dopo la seconda guerra mondiale sulla base dei principi fondamentali di civiltà del pensiero europeo come maturato nei secoli, hanno dato e tanto danno tuttora all’evoluzione della civiltà umana sul pianeta, sia allo sforzo convinto di giungere a una regolazione delle nuove tecnologie che costituisca un accettabile punto di equilibrio fra i nuovi principi fondamentali della civiltà europea e lo sviluppo delle nuove tecnologie che la civiltà europea, nella sua costante crescita, vuole inglobare in sé stessa.

Ovviamente, come sempre per i documenti fondamentali del Consiglio di Europa anche la Convenzione di cui stiamo discutendo è aperta alla sottoscrizione anche di nuovi ulteriori Paesi che, pur non facendo parte del Consiglio di Europa, ne condividano il contenuto.

Dunque stiamo assistendo su questo terreno a uno sviluppo estremamente interessante del ruolo e della posizione nel mondo del Consiglio di Europa che di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie non si limita a una visione economicistica basata sulle potenzialità di sviluppo economico globale che essa offre, come invece avviene in altre parti del mondo, ma invece si sforza di conciliare gli effetti e le caratteristiche di questo sviluppo tecnologico con i principi di civiltà europea che fin dalla sua istituzione il Consiglio d’Europa, anche sotto il peso della tragica esperienza delle guerre mondiali del scolo scorso, ha cercato e continua a cercare di sviluppare.

È chiaro che tutto questo comporta una orgogliosa riaffermazione della civiltà europea, che cerca di conciliare i suoi principi fondamentali con l’evoluzione tecnologica, ma comporta anche una nuova sfida dell’Europa al mondo.

Con questa convenzione l’Europa contrappone alla globalizzazione basata sulla competizione economica globale, una visione forte di un nuovo umanesimo basato su una comune regolazione delle nuove tecnologie.

Dunque un’Europa che non si rifugia solo nella sua storia e nella sua millenaria cultura ma, al contrario, una Europa che sta cercando di dimostrare al mondo che la civiltà europea e la sua visione dell’uomo ha moltissimo da dare anche nella nuova società digitale e di fronte al suo incessante sviluppo tecnologico.

Se questa sfida riuscirà ad essere convincente, o se invece anche l’Europa dovrà rivedere la sua visione del mondo di fronte all’irrompere di una evoluzione tecnologica apparentemente senza confini, lo vedremo presto.

Per ora quello che importa è cercare di cogliere il significato di questa Convenzione e di valutarne gli effetti immediati.

Effetti che, riaffermando le impostazioni già presenti nell’ IA dell’Unione, si basano essenzialmente sulla pretesa di garantire che le regole della IA e le modalità del suo funzionamento siano pienamente conciliabili con uno sviluppo accettabile della vita degli uomini e con la prosecuzione del sogno europeo di contribuire alla costruzione di un pianeta sempre più antropocentrico e meritevole della fiducia degli uomini e delle donne che su questo pianeta vivono.

Note sull'Autore

Francesco Pizzetti Francesco Pizzetti

Professore ordinario di diritto costituzionale a Torino e docente alla Luiss. Presidente Autorita' Garante per la protezione dei dati personali dal 18 aprile 2005 al 17 giugno 2012.

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