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Whistleblowing, cosa cambia con l'implementazione della Direttiva UE 2019/1937

Il 23 ottobre 2019 l'UE ha emanato la Direttiva 2019/1937 (di seguito la "Direttiva") sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione. Entro il 17 dicembre 2021 l'Italia dovrà implementare la Direttiva rendendola, così, applicabile alle società con almeno 250 lavoratori (mentre per le imprese con più di 50 dipendenti e meno di 250 le norme potranno entrare in vigore entro il 17 dicembre 2023).

Whistleblowing

L'Italia, con la Legge 179/2017 (di seguito la "Legge"), aveva già regolamentato le segnalazioni, disponendo un differente regime per gli enti pubblici e gli enti privati.

Esaminando la Direttiva e comparandola con la Legge con riferimento al solo settore privato, si notano numerosi e rilevanti differenze, che andremo ora ad esaminare brevemente.Innanzitutto, ciò che emerge chiaramente dalla lettura delle due normative è che l'ambito di applicazione della disciplina sulle segnalazioni e piuttosto differente.

La Legge prevede l'applicazione della disciplina sulle segnalazioni solamente per violazioni del Modello o del DLGS 231/2001, mentre la Direttiva si applica solo a segnalazioni relative a violazioni del diritto dell'Unione.

Inoltre, la Direttiva si applica indistintamente al settore pubblico ed al settore privato, mentre la Legge distingue i due settori, regolandoli in maniera differente.

Ancora, tra le differenze di maggiore rilievo troviamo che mentre la Legge non specifica chi può segnalare (ma sembrerebbe essere rivolta ai soli dipendenti dell'ente coinvolto nella violazione), la Direttiva considera segnalatori coloro che hanno acquisito informazioni sulle violazioni in un contesto lavorativo, gli azionisti e i membri dell'organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un 'impresa, compresi i membri senza incarichi esecutivi, i volontari e i tirocinanti retribuiti e non retribuiti, nonché qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori, facilitatori, terzi connessi con le persone segnalanti e c he potrebbero rischiare ritorsioni in un contesto lavorativo, quali colleghi o parenti delle persone segnalanti.

È differente anche la risposta che le due normative forniscono alla domanda "quando si ha la tutela del segnalante?".

In base alla Legge, il segnalante beneficia della relativa tutela quando le segnalazioni di condotte illecite sono (i criteri sono cumulativi) circostanziate, rilevanti ai sensi del DLGS 231/2001 od in base al Modello Organizzativo, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti e quando il segnalante ha appreso la condotta illecita in ragione delle funzioni dallo stesso svolte.

Come si vede, il segnalante, in base alla Legge, deve – prima di effettuare la segnalazione – verificare attentamente se la segnalazione che intende effettuare ha tutte le caratteristiche per permettergli di ottenere la relativa tutela.

La Direttiva, invece, ha una struttura profondamente diversa e concede tutele al segnalante se questi

(a) aveva avuto fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione e che tali informazioni rientrassero nell'ambito di applicazione della direttiva;

(b) ha effettuato una segnalazione attraverso i canali indicati dalla direttiva stessa (di cui si tratterà successivamente).

Anche i canali di whistleblowing sono individuati in maniera differente dalla Legge e dalla Direttiva: la Legge prevede uno o più canali, purché almeno uno di essi sia informatico, mentre la Direttiva individua 3 canali di segnalazione: interno, esterno e pubblico.

Quando il soggetto ricevente la segnalazione acquisisce la segnalazione, in base alla Legge deve svolgere l'attività ritenuta necessaria, senza particolari regole.

In base alla Direttiva, invece, il ricevente deve inviare entro 7 giorni al segnalante una comunicazione di ricevimento della segnalazione ed entro 3 mesi dal riscontro della segnalazione deve comunicare al segnalante un "esito" della segnalazione.

L'obbligo di riservatezza in capo al ricevente è, poi, disciplinato diversamente nelle due normative, seppur si possa affermare che vi siano forti punti di contatto: la Legge afferma sinteticamente che deve essere garantita la riservatezza sull'identità del segnalante mentre la Direttiva è più chiara sostenendo che non solo deve essere garantita la riservatezza sull'identità del segnalante ma anche su quelle informazioni che possano farne scoprire l'identità, fatto salvo il diritto di difesa del segnalato (purché il segnalante sia avvertito anticipatamente della comunicazione dell'identità ed i motivi di tale scelta).

Ci si domanda, a questo punto: una volta che il segnalante ha effettuato la segnalazione, quali strumenti di protezione ha?

In base alla Legge, non possono essere adottate misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni, né tantomeno può essere posto in essere un licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante o disposto nei suoi confronti un mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria

Anzi, è onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

Anche la Direttiva fornisce al segnalante una serie di protezioni: sono, infatti, vietati nei confronti del segnalante:

a) il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti;

b) la retrocessione di grado o la mancata promozione;

c) il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell'orario di lavoro;

d) la sospensione della formazione;

e) note di merito o referenze negative;

f) l'imposizione o amministrazione di misure disciplinari, la nota di biasimo o altra sanzione, anche pecuniaria;

g) la coercizione, l'intimidazione, le molestie o l'ostracismo;

h) la discriminazione, il trattamento svantaggioso o iniquo;

i) la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro permanente, laddove il lavoratore avesse legittime aspettative di vedersi offrire un impiego permanente;

j) il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;

k) danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o la perdita finanziaria, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di reddito;

l) l'inserimento nelle liste nere sulla base di un accordo settoriale o industriale formale o informale, che possono com­portare l'impossibilità per la persona di trovare un'occupazione nel settore o nell'industria in futuro;

m) la conclusione anticipata o l'annullamento del contratto per beni o servizi;

n) l'annullamento di una licenza o di un permesso;

o) la sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici

La Direttiva, poi, aggiunge alle misure di protezione nei confronti del segnalante, anche delle misure di sostegno. Al segnalante devono essere, così, fornite

a) informazioni e consulenze esaustive e indipendenti titolo gratuito sulle procedure e i mezzi di ricorso disponibili in materia di protezione dalle ritorsioni e sui diritti della persona coinvolta;

b) un 'assistenza efficace da parte delle autorità competenti per la protezione dalle ritorsioni,

c) patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di un procedimento penale e di un procedimento civile transfrontaliero

d) assistenza finanziaria e sostegno, anche psicologico, nell'ambito dei procedimenti giudiziari.

La Direttiva, dunque, appare essere più organica, più precisa e garantista nei confronti dei segnalatori e soprattutto ha una specificità, anche tecnica, ben maggiore della Legge.

L'entrata in vigore della Direttiva, dunque, comporterà la necessità da parte della pubblica amministrazione, delle imprese ed anche da parte delle associazioni che gravitano attorno al mondo del lavoro e dell'impresa di adeguarsi, implementando canali di whistleblowing, procedure, modalità di scambio di informazioni e così via. Insomma, l'aspettativa è che con l'implementazione della Direttiva si raggiunga un sistema di whistleblowing integrato, con una efficacia concreta ben maggiore di quella attuale.

(Fonte Il Sole 24 Ore del 3 maggio 2021 - di Roberto Tirone)

Note Autore

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