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Smart working: se il dipendente usa il pc personale la p.a. non risponde

Pasticciaccio delle responsabilità per lo smart working. Quando il dipendente pubblico in lavoro agile usa il proprio computer o altri suoi dispositivi il datore di lavoro non è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici.

Avv. Antonio Ciccia Messina

(Nella foto: l'Avv. Antonio Ciccia Messina)

È quanto discende dall'articolo 87 del decreto legge 18/2020, che sterilizza l'efficacia dell'articolo 18, comma 2, della legge 81/2017. La disposizione non chiarisce, però, chi risponde della sicurezza e del buon funzionamento. Ma vediamo di approfondire la questione. In periodo di pandemia il lavoro agile è stato incentivato dalla legge e, in molti casi, dall'oggi al domani le amministrazioni si sono trovate a dover utilizzare prestazione lavorative svolte da casa dai propri dipendenti.

Questo ha significato (e significa in molti casi anche ora) usare dispositivi elettronici personali oltre che il collegamento domestico alla rete internet.

Il problema che ci si pone è chi risponde delle violazioni e dei danni commessi mediante l'utilizzo, per scopi lavorativi, del computer o altri dispositivi di proprietà del lavoratore.

La regola generale è prevista dall'articolo 18 della legge 81/2017 e cioè è il datore di lavoro ad essere responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.

Peraltro l'articolo 87, comma 2, del decreto legge 18/2020 ha, dapprima, scritto che la prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall'amministrazione. A ciò, sempre il secondo comma citato, aggiunge che in tali casi l' articolo 18, comma 2, della legge 81/2017 non trova applicazione.

In sostanza il datore di lavoro non ha responsabilità.

Va anche evidenziato che una analoga disposizione è contenuta nel decreto legge 34/2020, il cui articolo 90, comma 4, dichiara fermo quanto previsto dall' articolo 87 del decreto-legge 18/2020 per i datori di lavoro pubblici. Si deve considerare che le cose sono complicate dal fatto che questo articolo 90, al comma 2, non contiene l'esclusione della applicazione dell'articolo 18, comma, 2 della legge 81/2017.

L'impatto dello smart working sulla sicurezza e sul buon funzionamento degli strumenti

Peraltro la dichiarazione per cui rimane fermo l'articolo 87 del decreto-legge 18/2020 copre anche la neutralizzazione della regola della responsabilità del datore di lavoro.

Per arrivare ai giorni nostri, l'articolo 11 del decreto 52/2021 e l'allegato 2 prorogano fino al 31 luglio 2021, anche l'articolo 90, commi 3 e 4, del decreto-legge 34/2020. Quindi, sarebbe da considerare prorogato anche la dichiarazione di persistente efficacia dell'articolo 87 del decreto 18/2020, che dichiara inapplicabile l'articolo 18, comma 2, della legge 81/2017.

Il problema giuridico di difficile soluzione con questo groviglio di disposizioni, rilevante anche nel caso di efficacia temporanea delle norme riportate, è chi sia il soggetto responsabile della sicurezza e del buon funzionamento dei computer di proprietà del lavoratore agile usati per la prestazione lavorativa.

Questo interrogativo si pone ad esempio per le sanzioni che il garante della privacy impone in caso di attacchi informatici o per il risarcimento dei danni subiti dagli interessati a causa, ad esempio, di esfiltrazione di dati dal computer personale del pubblico impiegato in lavoratore agile.

Prevedibile che il tema dovrà essere affrontato in casi concreti, ma è fin d'ora difficile sostenere che il lavoratore possa essere ritenuto il destinatario di sanzioni da parte del Garante o di citazioni per danni.

Peraltro, si pone, a questo punto la necessità di capire l'esatto significato della norma che congela la responsabilità del datore di lavoro.

di Antonio Ciccia Messina (Fonte: Italia Oggi del 30 aprile 2021)

Note sull'Autore

Antonio Ciccia Messina Antonio Ciccia Messina

Professore a contratto di "Tutela della privacy e trattamento dei dati Digitali” presso l'Università della Valle d’Aosta. Avvocato, autore di Italia Oggi e collaboratore giornali e riviste giuridiche e appassionato di calcio e della bellezza delle parole.

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