Corte europea dei diritti dell'uomo, le black list degli evasori non violano la privacy
Non viola la privacy pubblicare sul sito internet del Fisco la black list degli evasori fiscali. La Cedu, Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza 36345/16 del 12 gennaio 2021 smentisce il Garante privacy ungherese e avalla la diffusione di dati negativi sul conto dei contribuenti. Il bilanciamento degli interessi vede prevalere sulla riservatezza individuale l'interesse pubblico a prevenire ulteriori inadempimenti tributari e l'interesse diffuso degli altri privati a sapere con chi stanno per concludere un contratto o hanno rapporti commerciali.
La sentenza affronta anche il problema della potenziale aumentata diffusività delle notizie caricate su Internet, ma minimizza tale considerazione, considerato che di fatto è ristretta la cerchia di chi consulta dati specifici, anche se in astratto visionabili da chiunque si colleghi alla rete. Il caso ha riguardato la pubblicazione sul sito web dell'Agenzia delle entrate ungherese di dati che qualificano il ricorrente come inadempiente fiscale e successivamente un importante evasore fiscale e che precisano l'importo dei suoi arretrati fiscali e debiti fiscali, il suo codice fiscale e i dati anagrafici. Certamente si è trattato di una ingerenza nella vita privata del contribuente. Ma la Corte ha analizzato se la misura legislativa possa essere ritenuta necessaria in una società democratica. In sostanza non basta un mero presupposto normativo, ma ci vuole una legge rispettosa dei diritti dell'uomo. La conclusione della Cedu è stata che la divulgazione dell'elenco delle persone debitrici di grosse somme all'erario risponde a un interesse generale meritevole di tutela. Non si tratta di soddisfare la curiosità del pubblico, profilo questo non suscettibile di protezione da parte dell'ordinamento. Invece, ha un fondamento di ragionevolezza e, quindi, una tutela giuridica la scelta del legislatore di rendere pubblica l'identità delle persone che non rispettano i loro obblighi fiscali, al fine di migliorare la disciplina dei pagamenti e tutelare gli interessi commerciali di terzi. Giustificano, dunque, la circolarità delle notizie negative la protezione della finanza statale dal rischio di mancato gettito da evasione o morosità fiscale, e la conseguentemente incentivazioni di condotte rispettose degli obblighi tributari, tali da garantire il corretto funzionamento del sistema fiscale e sociale. La Corte ha valutato la compatibilità della normativa statale anche tenendo conto della previsione di una soglia minima per la pubblicazione dei dati (circa 30 mila euro), la regola di attendere 180 giorni prima di pubblicare, la cancellazione immediata della segnalazione dopo il pagamento della pendenza. Ha passato il vaglio della Cedu anche la pubblicazione dei dati anagrafici e del codice fiscale, questo al fine di evitare errori per omonimia. La motivazione della pronuncia approfondisce la questione della rilevanza di Internet, che per sua natura è consultabile da ogni parte del mondo, da chiunque e senza limiti di tempo. Anche su questo aspetto gli argomenti della Cedu salvano il fisco, sottolineando che si è trattato di pubblicazione, senza possibilità di caricare commenti e che, comunque, di fatto l'ambito della conoscibilità è limitato e non planetario. La sentenza in ogni caso non prescrive un obbligo di pubblicazione, limitandosi ad accertare che una black list degli evasori non viola i diritti dell'uomo. Sta, infatti, al singolo stato in maniera discrezionale decidere, con legge, il regime di pubblicità delle notizie su evasori e evasioni. D'altra parte anche in Italia esistono black list (cattivi pagatori nel credito al consumo, traenti di assegni non coperti, centrali rischi bancarie) che hanno superato il vaglio privacy.
Fonte: Italia Oggi del 14 gennaio 2021 - di Antonio Ciccia Messina