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Visualizza articoli per tag: lavoro

E' sfogliabile online il numero 3-2021 del magazine Privacy News, dedicato alla tutela della privacy nei luoghi di lavoro e nella gestione del personale. Con una tiratura di 10.000 copie, nei prossimi giorni la rivista sarà spedita gratuitamente a tutti gli associati, e anche a chi fa richiesta di una copia saggio tramite l'apposito form online.

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È disponibile il nuovo numero della rivista “Privacy News”, dedicata alla tecnologia come arma a doppio taglio che può causare dolorose ferite, ma che allo stesso tempo può essere invece fonte di grandi soddisfazioni per le nuove generazioni.

I sistemi automatizzati, siano essi decisionali o di monitoraggio, fanno parte della realtà lavorativa, anche italiana. Ritenere che l’utilizzo di tali sistemi sia confinato esclusivamente sulle attività di consegna di cibo a domicilio nei centri urbani (cd. Riders) costituisce una visione miope della realtà lavorativa.

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L’emergenza coronavirus ha accelerato l’adozione del lavoro agile, ma le aziende e le persone potrebbero non essere pronte a gestirlo correttamente. Per esempio, sul fronte controlli. Il ricorso massiccio al lavoro agile per far fronte all’emergenza coronavirus può rivelarsi una grande opportunità per il mercato del lavoro: le aziende e i lavoratori possono scoprire, infatti, i benefici derivanti da una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come leva per ottenere più produttività ma anche più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di lavoro.

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Lo smart working è la “nuova” prassi. E nuovo è l’interesse per le disposizioni che riguardano le possibilità, e soprattutto i limiti, del controllo sull’attività dei dipendenti. Specialmente da remoto. La disciplina trova le proprie fonti nel diritto del lavoro e della privacy. Ma non va dimenticata la sua rilevanza per il diritto penale e, a determinate condizioni, anche per l’ente datore di lavoro, in virtù della responsabilità amministrativa da reato ai sensi del D.Lgs. 231/01.

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Un recente provvedimento dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (Provv. 10.11.2022, doc. web n.9832838) si è occupato nuovamente del trattamento di dati biometrici in ambienti di lavoro affermando che è ammissibile solo se necessario per adempiere gli obblighi ed esercitare i diritti del datore di lavoro previsti da una disposizione normativa.

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Si gioca sul crinale tra diritto di critica e offesa gratuita la partita tra lavoratori e aziende per i commenti sui social network. Se è lecito scrivere post commentando fatti realmente accaduti con un linguaggio moderato, la giurisprudenza non ammette invettive personali e attacchi non giustificati. Lo ha ribadito il Tribunale di Taranto con la sentenza del 26 luglio scorso , che si è pronunciata sul caso del lavoratore dell’ex Ilva licenziato per giusta causa per aver scritto sulla propria bacheca Facebook un commento su una fiction in cui accusava gli autori di non aver avuto il coraggio di fare il nome dell’azienda, concludendo con la parola «assassini».

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Il lavoratore che, per svolgere le proprie mansioni tratta dati personali può essere legittimamente sospeso dal proprio datore di lavoro, qualora rifiuti la nomina di incaricato. Dal Gdpr infatti discendono precisi obblighi e responsabilità per il titolare nel trattamento dei dati personali, dalla cui violazione discendono responsabilità civili, sanzionatorie e di natura amministrativa.

La titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso impianti audiovisivi secondo l'articolo 4 della legge 300/1979 (statuto dei lavoratori), non possono far capo a soggetti diversi dal datore di lavoro, al fine di evitare che vengano disattese le finalità per le quali la installazione di tali impianti può essere autorizzata. Tale è il principio contenuto nella sentenza 15644/2022 del Tar Lazio e ripreso dall’Ispettorato nazionale del lavoro nella nota 7482/2022, riguardante il ricorso avverso il provvedimento di rigetto di una istanza volta a ottenere l'installazione di impianti audiovisivi.

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I dati contenuti nel pc aziendale in dotazione al dipendente e utilizzati per lo svolgimento dell’attività lavorativa sono patrimonio aziendale. Pertanto, il dipendente che cancelli o manipoli o trasferisca all’esterno tali dati attua una condotta disciplinarmente rilevante, commette illecito civile e penale e può essere tenuto al risarcimento dei danni. Per dimostrare la condotta illecita del dipendente, il datore di lavoro può legittimamente acquisire e produrre in giudizio i messaggi privati inviati dal lavoratore a soggetti terzi. Così ha stabilito la Cassazione nella pronuncia 33809/2021 che ha affrontato il tema anche sotto il profilo della privacy e dei controlli difensivi.

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Siamo tutti spiati? il presidente di Federprivacy a Cremona 1 Tv

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