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Federprivacy

Federprivacy è la principale associazione di riferimento in Italia dei professionisti della privacy e della protezione dei dati, iscritta presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MISE) ai sensi della Legge 4/2013. Email: [email protected] 

Il Garante belga per la protezione dei dati personali ha chiesto chiarimenti e garanzie alla Regione Bruxelles, determinata a estendere dal 1° ottobre l’uso del Green pass a luoghi pubblici al chiuso ed esercizi commerciali. In particolare, l’authority per la privacy ha chiesto al governo regionale di dimostrare che i vantaggi forniti dall'estensione del certificato superino gli svantaggi e i rischi di discriminazione. Il garante ha inoltre preteso esplicitamente che venga vietata qualsiasi raccolta diretta o indiretta di dati personali.

Regolamenti aziendali e deleghe ad hoc per il controllo del green pass in azienda. Sono adempimenti, previsti a pena di sanzioni amministrative, introdotti dal decreto legge 127/2021. Il provvedimento d'urgenza si propone di fornire condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, per il contrasto al Covid e per consentire una ripresa della operatività, ma fa tutto questo imponendo alle aziende stesse di dotarsi di un apparato documentale entro il 15 ottobre 2021. Vediamo i compiti assegnati alle imprese (articolo 3 del dl 127/2021).

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha scritto al Ministero dell’istruzione affinché sensibilizzi le scuole sui rischi per la privacy derivanti da iniziative finalizzate all’acquisizione di informazioni sullo stato vaccinale degli studenti e dei rispettivi familiari. Nella lettera si richiama inoltre l’attenzione sulle possibili conseguenze per i minori, anche sul piano educativo, derivanti da simili iniziative.

Il Governo ha appena varato il decreto-legge n. 127/2021 che prevede l'obbligo di certificazione verde per accedere ai luoghi di lavoro. A mente dell'art. 3, i datori di lavoro hanno fino al 15 ottobre 2021 (data di decorrenza delle prescrizioni contenute nel provvedimento) per predisporre il sistema di controlli cui sono proposti. Essendo circolata la bozza del decreto-legge diverse ore prima della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, le aziende più previdenti hanno già incominciato a elaborare i protocolli di controllo e si sono trovate a risolvere alcune questioni di non secondaria importanza.

L’azienda non può utilizzare, ai fini del licenziamento, la conversazione privata di una dipendente che, nella chat aziendale, sparla di un superiore e di alcune colleghe, se non ha comunicato ai dipendenti la possibilità di fare controlli. Una deroga, sarebbe stata possibile solo in caso di controlli difensivi, destinati a proteggere beni aziendali o finalizzati a contestazioni sulla prestazione lavorativa. Ma nulla di tutto questo era stato eccepito alla lavoratrice. Il suo sfogo dunque, destinato ad un solo interlocutore, rientra nella libera manifestazione del pensiero.

Stop ai controlli «a tappeto» da parte dell'azienda sul computer dei lavoratori. Le verifiche, infatti, possono essere consentite per motivi disciplinari solo se riguardano dati successivi all'insorgere del sospetto. È esclusa, invece, l'acquisizione di ogni tipologia di documento precedente e in violazione della normativa sulla privacy. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 25732/21 del 22 settembre 2021 che ha accolto il ricorso di una lavoratrice.

I politici devono vigilare sulle proprie pagine Facebook e sono responsabili se permettono la diffusione di commenti di terzi che incitano all'odio o alla violenza. È vero che, in particolare durante una campagna elettorale, va garantita la più ampia libertà di espressione, ma in questa libertà non rientrano i messaggi discriminatori nei confronti di un gruppo, che hanno l'obiettivo di incitare all'odio. È la Corte europea dei diritti dell'uomo a stabilirlo con la sentenza Sanchez contro Francia depositata il 2 settembre che fornisce ai giudici nazionali e agli Stati i criteri per sanzionare chi permette la diffusione di messaggi di odio, anche senza esserne l'autore.

Anche i video pubblicati su TikTok finiscono nel mirino dei giudici. Per la prima volta il Tribunale di Trani, con l’ordinanza del 30 agosto 2021, si è occupato dei filmati condivisi sul social network dove vengono caricati contenuti di breve durata. Il caso riguarda una madre che aveva pubblicato diversi video della figlia di nove anni senza il consenso del padre, che li aveva visti ma non aveva mai accettato l’esposizione mediatica della figlia. Il consenso di entrambi i genitori - precisa il tribunale - deve essere espresso, a nulla rilevando che il ricorso venga proposto a distanza di mesi.

La richiesta del green pass non comporta la violazione della riservatezza dei dati sanitari. Lo ha stabilito la Terza sezione del Consiglio di Stato (Pres. Lipari; Est. Fedullo) con l'ordinanza n. 5130 depositata il 17 settembre 2021, respingendo l'appello sollevato da quattro cittadini italiani nei confronti dell'ordinanza cautelare del Tar Lazio n. 04281/2021, che a sua volta aveva dato loro torto.

Due diversi studi, entrambi commissionati da Google e realizzati in collaborazione con Ipsos (Privacy by Design: Exceeding Customer Expectations) e Boston Consulting Group (The Fast Track to Digital Marketing Maturity), hanno fornito riscontri inediti circa gli atteggiamenti che i consumatori assumono nei confronti della privacy online, facendo luce sulle possibili soluzioni a disposizione delle aziende per superare le difficoltà legate alle contraddizioni evidenziate dagli utenti. Dai due rapporti è emerso, inoltre, come i professionisti del marketing più esperti abbiano il doppio delle possibilità di aumentare la propria market share rispetto a chi presenta una minore esperienza nel campo della privacy.

Il presidente di Federprivacy a Rai Parlamento

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