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Videosorveglianza, rischio sanzioni senza la valutazione di impatto per telecamere intelligenti e raccolta dati su larga scala

Valutazione preventiva di impatto privacy obbligatoria per gli impianti di videosorveglianza su larga scala e più intelligenti. Mentre si naviga a vista sui tempi e sulla trasparenza dei dati raccolti da enti e forze locali. Solo i comuni e gli organi di polizia possono posizionare telecamere rivolte verso piazze, giardini e strade: ma resta il nodo dei sistemi pubblici a vocazione interforze, ossia i cui dati sono condivisibili da più soggetti (comune, polizia, carabinieri ecc.). Le risposte alle domande frequenti in materia di videosorveglianza diramate dal Garante chiariscono questi aspetti, ma non affrontano altri, più complessi. Come per esempio i tempi di conservazione necessariamente allungati per finalità di sicurezza pubblica e le diverse e più limitate regole per la trasparenza dei trattamenti.

telecamere di videosorveglianza

Comuni e polizia. La videosorveglianza comunale è un tema in fortissima espansione ed è una prerogativa necessariamente gestita dai comuni che ai sensi dell'art. 6 del dl 11/2009 possono utilizzare questi impianti per la tutela della sicurezza urbana, riprendendo le strade e le piazze, ma conservando le immagini per un tempo massimo di sette giorni. La riforma sovranazionale sulla tutela dei dati personali, entrata in vigore definitivamente nel 2018, ha rinnovato tutte le regole stabilendo in buona sostanza che in materia di tutela del trattamento dei dati personali spetta al titolare del trattamento assumersi ogni responsabilità ed essere in grado di rendicontare le proprie scelte. Salvo norme nazionali più restrittive che impongono limiti temporali di conservazione dei dati per esempio ai sindaci ma non ai centri commerciali o ai privati in genere. Che se dimostrano di aver progettato un impianto in maniera corretta possono conservare le immagini anche per un tempo maggiore a una settimana.

Ma gli impianti di videosorveglianza pubblica servono anche a una finalità di sicurezza in senso stretto. Dopo la firma di appositi patti per la sicurezza, infatti, i sindaci possono mettere a disposizione anche di polizia di stato e carabinieri gli impianti di telecontrollo che, in particolare, se sono muniti di moderni lettori di targhe con riconoscimento dei veicoli sospetti, non assolvono certo adeguatamente i loro compiti in maniera efficace conservando le immagini dei potenziali criminali solo per una settimana. Ecco allora che viene in soccorso delle amministrazioni comunali la poco conosciuta direttiva Ue 2016/680, che è stata attuata in Italia con il dlgs 51/2018. Questo provvedimento, specificamente dedicato alla tutela dei dati personali per i soggetti che svolgono indagini, compresa la polizia locale, deroga abbondantemente ad alcuni principi fondamentali del regolamento europeo sulla protezione dei dati. Oltre a una necessaria conservazione allungata dei dati raccolti, infatti, risultano decisamente affievoliti anche i diritti degli interessati che, per esempio, non potranno proporre l'opposizione al trattamento prevista ordinariamente dall'art. 21 del Gdpr. Senza un regolamento comunale che dia spazio alla direttiva Ue 2016/680 il rischio per i comuni è di non riuscire a gestire le richieste di esercizio dei diritti dell'interessato ai sensi degli artt. 12 e seguenti del Gdpr.

La valutazione preventiva. Attenzione poi alla necessaria valutazione preventiva di impatto privacy. Un altro istituto poco conosciuto regolato sia dal Gdpr che dal dlgs 51/2018.

Ogni moderno impianto di videosorveglianza urbana deve essere analizzato da un tecnico e un legale in modo da verificare preventivamente, dal punto di vista del cittadino, quali sono i rischi che emergono. Ovvero se il rischio che quelle immagini finiscano nel posto sbagliato è accettabile o meno. Senza questo certificato ogni impianto di videosorveglianza è potenzialmente a rischio sanzione. Nelle risposte dell'Autorità ulteriori indicazioni utili alla corretta gestione degli impianti di videosorveglianza pubblici sono riscontrabili nelle considerazioni sulle scuole e sulle installazioni dei sistemi di ripresa nei luoghi di lavoro. Negli istituti scolastici in attesa della riforma che dovrebbe regolare meglio l'uso della videosorveglianza le indicazioni del Garante restano quelle già in uso da anni. Ovvero telecamere spente durante le lezioni e massima tutela per gli alunni. Per gli ambienti lavorativi è ormai ampiamente riconosciuta la necessità di coinvolgere i sindacati e l'ispettorato del lavoro prima di attivare impianti di telecontrollo. Via libera infine alle telecamere false posizionate solo a titolo di deterrenza e alle riprese con i droni a una altezza tale da non permettere il riconoscimento delle persone.

Fonte: Italia Oggi fel 21 dicembre 2020

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