Uso improprio dei social network, i genitori hanno il dovere di vigilanza sui figli minorenni
La tragica morte di una bambina di dieci anni - parrebbe, dalle cronache, a seguito di un c.d. challenge su un popolare social network per giovanissimi - ha riacceso nuovamente i riflettori sulle delicatissime dinamiche della rete, quando sono interessati i minori: oggi è sempre più frequente, anche per loro, l'utilizzo di internet e, in generale, degli strumenti di comunicazione telematica, al fine di acquisire notizie e di esprimere le proprie opinioni. La prima generazione digitale ("digital natives") si è sviluppata in un contesto in cui la tecnologia pare essere diventata non solo un supporto ma addirittura una necessità, attraverso cui si manifesta il bisogno di esprimerci, comunicare, intrattenerci e, in definitiva, di evitare la solitudine.
L'impiego di tali mezzi consente l'esercizio di un diritto di libertà, ossia del diritto di ricevere e comunicare informazioni e idee: in particolare, il diritto all'informazione e alla comunicazione, è riconducibile alla libertà di espressione ai sensi del primo comma dell'art. 10 della Convenzione di Roma del 1950 e costituisce un interesse fondamentale della persona umana.
La libertà di espressione, al livello sovranazionale, è tutelata dall'art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre del 2000 e nella Costituzione la libertà di comunicazione trova garanzia e riconoscimento nell'art. 21 che sancisce il diritto di ogni persona di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione.
Il diritto alla libertà di espressione trova tuttavia alcuni limiti - Occorre considerare che, dall'anomalo utilizzo dei suddetti mezzi, derivano enormi pericoli per gli stessi minori che sono soggetti deboli e, non avendo raggiunto un'adeguata maturità ed essendo ancora in corso il processo relativo alla loro formazione, necessitano di apposita tutela.
Oggi, quindi, si presenta come necessaria una regolamentazione specifica della responsabilità dei genitori in relazione ai possibili illeciti civili e penali che i minori possono compiere utilizzando gli strumenti elettronici connessi a internet e questo pone la necessità di una specifica formazione all'utilizzo della rete telematica.
Sotto tale profilo, si deve osservare che l'anomalo utilizzo da parte del minore dei mezzi offerti dalla moderna tecnologia, tale da lederne la dignità cagionando un serio pericolo per il sano sviluppo psicofisico dello stesso, può essere sintomatico di una scarsa educazione e vigilanza da parte dei genitori.
Il diritto alla libertà di espressione trova un primo limite nella tutela della dignità della persona, in particolare quando si tratta di minore di età - A questo proposito la Corte di Cassazione civile, sez. III, con sentenza del 5 settembre 2006, n. 19069, ha affermato la necessità di tutelare il minore nell'ambito del mondo della comunicazione, facendo riferimento in particolare all'art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989, che sancisce il diritto di ogni minore a non subire interferenze arbitrarie o illegali con riferimento alla vita privata, alla sua corrispondenza o al suo domicilio e a non subire lesioni alla sua reputazione e al suo onore.
L'art. 3 della Convenzione di New York prevede poi che, in ogni procedimento davanti al giudice che coinvolga un minore, l'interesse superiore di quest'ultimo deve essere senz'altro considerato preminente.
Tale preminenza ha quindi luogo anche nel giudizio di bilanciamento con eventuali e diversi valori costituzionali, quali il diritto all'informazione e la libertà di espressione degli altri individui.
Il bilanciamento con eventuali e diversi valori costituzionali, quali il diritto all'informazione e la libertà di espressione degli altri individui - I pericoli ai quali il minore è esposto nell'uso della rete telematica rendono, quindi, necessaria una tutela specifica degli stessi e un rafforzamento degli obblighi inerenti alla responsabilità genitoriale, che impongano ai genitori non solo il dovere di impartire al minore un'adeguata educazione all'utilizzo dei mezzi di comunicazione, ma anche di compiere un'attività di vigilanza sul minore per quanto concerne il suddetto utilizzo.
Questo al fine di prevenire, da un lato, che i minori siano vittime dell'abuso di internet da parte di terzi e, dall'altro, a evitare che i minori cagionino danni a terzi o a sé stessi mediante gli strumenti di comunicazione telematica. E questo è il secondo limite alla libertà di espressione tramite internet.
Il dovere di vigilanza dei genitori è, quindi, strettamente connesso all'estrema pericolosità di quel sistema e di quella potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti.
La responsabilità civile dei genitori - La responsabilità del compimento di eventuali illeciti da parte dei minori ricadrà conseguentemente sui genitori. La responsabilità dei genitori varia a seconda che si tratti di illecito civile o penale.
In ambito civile, al pari di qualsiasi altra tipologia di illecito, anche quello commesso sulla rete internet implica una responsabilità dei genitori ex art. 2048 c.c. connessa ai doveri inderogabili ex art. 147 c.c., che è "attenuata" solo nel caso in cui i genitori diano prova di aver impartito una buona educazione e di aver predisposto ogni ragionevole misura di sicurezza al fine di evitare la commissione dell'illecito, nonché di non essere riusciti a impedire il fatto nonostante l'adeguata vigilanza espletata. Si applica la cosiddetta "responsabilità oggettiva" (Cass. 2413/2014 e 3964/2014).
La Suprema Corte ha infatti specificato che deve ritenersi presunta la culpa in educando dei genitori, qualora il fatto illecito commesso dal figlio minore sia di tale gravità da rendere evidente la sua incapacità di percepire il disvalore della propria condotta, confermando il principio per cui i genitori di un figlio minorenne con essi convivente possono sottrarsi alla responsabilità ex art. 2048 c.c. solo nel caso in cui dimostrino l'assenza di una loro culpa in vigilando e in educando, con la precisazione che, in talune fattispecie, è possibile ritenere in re ipsa la culpa in educando e, pertanto, non è sufficiente un'allegazione generica, bensì è necessario fornire una prova specifica e rigorosa sulla correttezza dell'educazione impartita.
La responsabilità penale dei genitori - In ambito penale invece, in ossequio alle disposizioni codicistiche, il minore di quattordici anni è sempre non imputabile e la relativa responsabilità ricadrà, dunque, sui genitori o sugli esercenti la relativa responsabilità.
Per quanto attiene, invece, al minore di diciotto anni che abbia compiuto i quattordici anni, questo sarà imputabile, a meno che non si fornisca la prova della sua incapacità (artt. 97 e 98 c.p.).
Il nostro sistema normativo prevede un regime rigoroso di responsabilità dei genitori verso i terzi per il fatto illecito commesso dai figli minorenni, con presunzione di responsabilità per culpa in vigilando e culpa in educando.
Il dovere di educare secondo la giurisprudenza di merito - Caso emblematico è quello sottoposto all'attenzione dei giudici del Tribunale di Caltanissetta, chiamati a valutare l'incidenza delle azioni di stalking attuate dal minore e perpetrate ai danni di una sua compagna di classe. Nel caso appena citato era emerso che il ragazzo "in concorso con altri minori (...), con condotte reiterate e utilizzando il sistema di messaggistica istantaneo Whatsapp, molestava un'altra minorenne, in modo tale da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola a modificare le proprie abitudini di vita, per il fondato timore per l'incolumità propria e dei propri cari".
I giudicanti hanno ritenuto che la condotta implicasse il supporto dei Servizi Sociali in relazione all'incapacità dei genitori di impartire una sana e corretta educazione, nonché una adeguata attività di vigilanza.
Il Tribunale, con sentenza depositata l'8 ottobre 2019, ha affermato che gli obblighi inerenti alla responsabilità genitoriale impongono non solo il dovere di impartire al minore un'adeguata educazione all'utilizzo dei mezzi di comunicazione, ma anche di compiere un'attività di vigilanza sul minore per quanto concerne il suddetto utilizzo.
A ciò ha aggiunto che "l'educazione deve essere, inoltre, finalizzata a evitare che i minori cagionino danni a terzi o a sé stessi mediante gli strumenti di comunicazione telematica; sotto tale profilo si deve osservare che l'anomalo utilizzo da parte dei minori dei social network e, in generale, dei mezzi offerti dalla moderna tecnologia tale da lederne la dignità cagionando un serio pericolo per il sano sviluppo psicofisico degli stessi, può essere sintomatico di una scarsa educazione e vigilanza da parte dei genitori; i genitori sono tenuti non solo ad impartire ai propri figli minori un'educazione consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche ad adempiere a quell'attività di verifica e controllo sulla effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore; riguardo all'uso della rete telematica l'adempimento del dovere di vigilanza dei genitori è, inoltre, strettamente connesso all'estrema pericolosità di quel sistema e di quella potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti".
Il dovere di vigilanza dei genitori - Al riguardo la stessa giurisprudenza di merito, richiamando alcuni principi già consolidati, ha affermato che "il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell'accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori (dello stesso avviso già il Tribunale di Teramo che, con sentenza 6 gennaio 2012, ha affrontato la questione relativa alla responsabilità civile dei genitori ai sensi dell'art. 2048 c.c. nell'ipotesi di danno cagionato dal minore attraverso Facebook)".
Considerata, nel caso di specie, l'anomala condotta posta in essere dal minore, avuto riguardo anche alla pericolosità del mezzo utilizzato, il Tribunale ha ritenuto opportuno svolgere un'attività di monitoraggio e supporto del giovane e della madre anche al fine di verificare le capacità educative e di vigilanza della stessa. Tale compito è stato affidato al Servizio Sociale competente sul territorio e il Tribunale ha, quindi, dichiarato decaduta dalla responsabilità genitoriale la madre nei confronti del figlio minore.
Ancor più recentemente, il Tribunale di Parma, con sentenza del 5 agosto 2020, ha ribadito che il diritto-dovere dei genitori di educare i propri figli comprende anche l'educazione digitale dei minori, precisando nel caso di specie che "I contenuti presenti sui telefoni cellulari dei minori andranno costantemente supervisionati da entrambi i genitori, evitando la comparsa di materiali non adatti all'età ed alla formazione educativa dei minori. La stessa regola vale per l'utilizzo eventuale del computer, al quale andranno applicati i necessari dispositivi di filtro".
Uno sguardo alla realtà - Per utilizzare i social network, secondo la normativa vigente, occorre aver compiuto almeno 14 anni. Fra i 13 e i 14 è possibile farlo, ma con la supervisione dei genitori. Sotto i 13 anni è semplicemente vietato usare Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat o WhatsApp. Ma non è davvero così nella realtà.
Secondo dati statistici, l'85% dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni possiede un profilo social. Nessuno al momento dell'iscrizione ha indicato la sua vera età, neppure quel 22% che lo ha fatto con un genitore presente, mentre il 91% non parla con i genitori di quelle che vede o che dice su internet.
Regole di comportamento in internet - È opportuno insegnare agli adolescenti e ai bambini ad avere un comportamento corretto e sicuro quando si usa internet.
Alcune semplici regole sono:
-rispettare gli altri;
-non diffondere mai informazioni personali;
-non accettare mai appuntamenti con gli amici "Internet";
-spegnere il computer se ci si sente a disagio.
Il Decalogo per un uso consapevole della rete e dei media consiste in alune semplice norme:
-tenere il pc sempre aggiornato. Gli antivirus e gli aggiornamenti sono la miglior difesa contro i virus;
-porre attenzione alla scelta della password e alle funzioni di ripristino;
-stare molto attenti alla propria privacy;
-rispettare anche quella degli altri;
- imparare ad usare il browser e navigare sempre tramite programmi sicuri per evitare insidie e siti pericolosi;
-anche per gli acquisti on line, bisogna imparare a capire quando un sito è sicuro;
-se vi sono dubbi, chiedere sempre ai genitori o un adulto.
Considerazioni finali - La prima generazione digitale è nata con il World Wide Web. I bambini sono in grado di comprendere il funzionamento di internet meglio dei genitori: tuttavia, proprio perché non hanno ancora acquisito la maturità necessaria per discernere ciò che è bene e ciò che è male, né per avvertire insidie e pericoli, nel rispetto dei propri doveri formativi, i genitori non possono permettersi di restare dei semplici osservatori.
Questi hanno il dovere di stabilire le regole base e per farlo devono in primo luogo conoscere ciò di cui si parla. Solo così le regole date saranno comprese e accettate dai bambini.
È molto importante stabilire anche disposizioni precise sul tempo concesso ai bambini per la navigazione online e sui siti web cui possono accedere, anche utilizzando specifici programmi e funzioni di "controllo genitori". Questo consente di vigilare i minori e controllare che non abbiano libero accesso ad alcune categorie di siti come quelli di violenza, pornografia, giochi online ecc., regole fondamentali senza le quali i bambini possono sviluppare una dipendenza da computer con danni anche psicologici e allo sviluppo emotivo.
Il bullismo sul web e i filmati violenti sono un'altra preoccupante tendenza in crescita e qui le conseguenze sono, purtroppo, troppo spesso drammatiche.
Per questo è fondamentale anche approfondire e rafforzare la collaborazione dei genitori con le scuole e le altre autorità e, soprattutto, creare un solido rapporto di fiducia coi propri figli basato su una costante comunicazione bidirezionale.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 22 gennaio 2021 - di Antonella Dario