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Know how aziendale, il giudice può anche "secretare" gli atti

Adozione di protocolli e prassi aziendali da parte delle imprese ed estensione ai comportamenti colposi del divieto di acquisire, rivelare o utilizzare in modo abusivo i segreti commerciali. Dal 22 giugno sono in vigore le modifiche alla normativa sulla tutela del know how e delle informazioni commerciali riservate, contenuta nel Codice della proprietà industriale (Dlgs 30/2005) e introdotte dal decreto legislativo 11 maggio 2018 n. 63. (Vedasi anche l'infografica di sintesi del Sole 24 Ore)

La volontà di arrivare a un compromesso tra la necessità di rafforzare la tutela del know how aziendale che, come ricorda la direttiva Ue, costituisce una delle principali risorse e monete di scambio delle imprese e l’esigenza di favorire lo sviluppo del mercato interno attraverso una più efficace circolazione delle informazioni emerge anche con riferimento alle novità processuali introdotte dal Dlgs 63/2018.

Da un lato infatti nei giudizi che riguardano la materia in questione potrà essere disposta la secretazione degli atti, dall’altro, nel disporre le misure protettive o sanzionatorie e valutarne la proporzionalità, il giudice sarà tenuto a considerare, tra le altre cose, le effettive misure adottate dal detentore dei segreti commerciali per garantirne la loro conservazione, «i legittimi interessi di terzi» e «l’interesse pubblico generale».

Stessa impostazione per la revisione delle condotte penalmente rilevanti. Se, da una parte l'introduzione di dettagliate fattispecie relative alla violazione degli obblighi di riservatezza rafforza la protezione e la salvaguardia dei segreti commerciali, dall’altra viene circoscritto l’ambito delle condotte illecite. Potranno infatti considerarsi tali solo quando ricorrano specifiche circostanze, vale a dire:

- che sia accertata la conoscenza o conoscibilità da parte dell’utilizzatore della provenienza illecita delle informazioni;
- che il legittimo detentore dei segreti commerciali da tutelare ne abbia vietato l’utilizzo ed abbia adottato tutte le necessarie iniziative per conservarne la segretezza.

Le nuove norme hanno dato attuazione alla direttiva Ue 2016/943 che mira ad uniformare la protezione giuridica dei segreti commerciali dei vari Stati membri, nella consapevolezza che una disciplina frammentata e disomogenea finisce per scoraggiare le imprese «dall’intraprendere attività economiche transfrontaliere innovative», a tutto discapito di una crescita dell’economia globale.

Gli obiettivi della direttiva Ue - Come ha evidenziato la direttiva, la sussistenza in alcuni Stati membri di livelli di tutela giuridica più bassi, da un lato costringe le aziende a investire ingenti risorse per adottare misure di protezione rafforzate e, dall’altro, può comportare il rischio che gli Stati in cui il livello di protezione è inadeguato siano utilizzati come base per la diffusione in tutto il mercato interno di merce frutto di atti di concorrenza sleale o illecita acquisizione di segreti commerciali.

La direttiva non ha tuttavia sottovalutato la necessità di contemperare la tutela delle informazioni aziendali riservate con i principi generali di divulgazione e libera circolarizzazione delle idee innovative in ambito commerciale, a beneficio del progresso economico. Ha quindi sottolineato l’importanza di individuare in modo chiaro i comportamenti e le pratiche che costituiscono acquisizione, utilizzo o divulgazione illecita di informazioni segrete, escludendo alcune specifiche condotte, quale ad esempio il cosiddetto “reverse engeenering” (ricostruzione della tecnologia, partendo dal prodotto) .

Cosa deve fare l’impresa - Nel 2005, con l’introduzione del Codice della proprietà industriale (Cpi), l’ordinamento italiano si era dotato di un sistema di regole a tutela del know how aziendale.
Le novità ora introdotte dal Dlgs 63/2018, riguardano in particolar modo l’articolo 99 che vieta di acquisire, rivelare o utilizzare, in modo abusivo, i segreti commerciali a meno che non siano stati conseguiti in modo indipendente. L’articolo viene infatti radicalmente trasformato: in luogo di un generale divieto di utilizzare o rivelare le informazioni protette, viene stabilito che spetta al legittimo detentore dei segreti commerciali la decisione di vietarne l’utilizzo.

Si tratta quindi di una responsabilizzazione dell’imprenditore, il quale sarà chiamato ad attivare congrui meccanismi di tutela dei propri segreti industriali ad esempio dotandosi di strumenti di protezione informatica dei dati, introducendo prassi e protocolli aziendali per il controllo e secretazione del know how interno e premurandosi di sottoscrivere accordi di riservatezza con tutti coloro (dipendenti, collaboratori esterni, consulenti) che, per ragioni professionali, vengano in contatto con informazioni segrete, di importanza strategica per l’impresa.

Le condotte colpose - Nel nuovo articolo 99 viene inoltre introdotto il principio della conoscibilità della provenienza illecita delle informazioni. Gli strumenti di tutela dei segreti commerciali e i meccanismi sanzionatori possono cioè essere attivati solo se il soggetto responsabile dell’acquisizione, utilizzo o rivelazione dei segreti «era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza della provenienza illecita delle informazioni».

L’uso e la divulgazione di un segreto commerciale, sono quindi considerati illeciti, non solo se il soggetto era a conoscenza della riservatezza delle informazioni ma anche se avrebbe dovuto esserlo. Il divieto (e le sanzioni connesse) viene perciò esteso anche al comportamento colposo di chi, per mera negligenza, abbia beneficiato di informazioni segrete senza preventivamente procedere a un’adeguata verifica delle fonti.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 20 agosto 2018

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