Garante per l'infanzia: un minore può dare il suo consenso per iscriversi a un social se ha compiuto 14 anni
A 13 anni sui social network solo con la firma dei genitori. Per legge il bambino non può decidere da solo. Ci vogliono almeno 14 anni, che diventano 18 quando si conclude un contratto, anche online. Poi è tutto da discutere se usare un social su internet, anche se gratuitamente, non sia già un contratto: la conseguenza sarebbe che ci vogliono 18 anni. Ma una cosa è certa: a 13 anni non si può da soli aderire a un servizio online, o come viene più tecnicamente definito, a un servizio della «società dell'informazione».
A confermare questa impostazione, sostenuta da ItaliaOggi del 16 novembre 2020 e del 4 febbraio 2021 è la Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Carla Garlatti, intervenuta a seguito di una drammatica storia che ha coinvolto una nota app che diffonde video di un minuto. Questa app, tra le altre cose, ha ospitato una sfida online tra chi resisteva di più a trattenere il fiato con una cintura stretta intorno al collo.
A questa raccapricciante sfida ha partecipato anche una bambina italiana di 10 anni, che è morta soffocata. Questo episodio ha evidenziato un fatto tragico e inaccettabile e, al contempo, ha fatto emergere un problema giuridico e cioè le condizioni di legittimità dell'accesso a Internet dei bambini. Visto dal lato imprese, il problema è l'individuazione dei presupposti di liceità della offerta di servizi destinati ai bambini (la domanda ha per oggetto le modalità alle quali un'impresa può offrire servizi a minori).
Il punto di partenza è un articolo del regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr), l'articolo 8, che, non solo non chiarisce, ma crea confusione e incertezze. L'articolo 8 Gdpr, dunque, parte assegnando ai bambini, da 16 anni in su (o dalla età maggiore di 13 fissata da ciascuno stato Ue; 14 anni in Italia), la capacità di consentire al trattamento dei dati da parte di soggetti che si propongono di fornire servizi della società dell'informazione ai minori di età.
Questo consenso è necessario, dice l'articolo 8, quando il trattamento si basa sul consenso, lasciando intendere che se c'è un valido contratto con il minore, allora basta il contratto (e non si deve chiedere uno specifico consenso «privacy»). Già quanto sopra è scarsamente comprensibile, ma il tutto diventa un enigma leggendo l'ultima frase dell'articolo 8, in cui si dice che continuano a essere valide ed efficaci le leggi dei singoli stati europei sulla capacità a concludere i contratti.
Per il regolamento Ue un bambino di una certa età (differente nei diversi stati, per l'Italia di 14 anni) può, in certi casi, acconsentire da solo (senza papà e mamma) al trattamento dei dati online. Ma se si tratta di un contratto, in Italia il limite minimo è 18 anni. Ora, ci si trova di fronte a una app su un social network, che ha stabilito in 13 anni l'età minima per far uso dei servizi online. E ci si chiede e se è legittimo.
La risposta è no: se per questa app bastasse il consenso, la soglia minima è 14 anni; a maggior ragione, se si considerasse l'adesione alla app come un contratto, la soglia minima è 18 anni. Rispetto a tutti i servizi della società dell'informazione forniti a bambini online, in Italia 13 anni non è una età valida e questo perché la legge italiana stabilisce la soglia minima di 14 anni per poter dare un consenso «privacy» (si tratta del codice della privacy, articolo 2-quinquies).
Ma 13 anni non è un'età valida neppure se si sostiene che si entra sul social non con il consenso del citato articolo 8, ma perché il tredicenne firma un contratto (di adesione al social): bisogna rispettare il limite di 18 anni stabilito dalla legge italiana per la capacità a concludere un contratto. Risultato: un bambino di 13 anni non può da solo fruire di una app online.
(Nella foto: Carla Garlatti, Garante per l'infanzia)
Sul punto, la Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Garlatti, ha dichiarato a ItaliaOggi Sette: «Il consenso al trattamento dei dati personali può essere dato autonomamente solo da chi ha compiuto 14 anni. Prima serve l'assenso dei genitori. Altra cosa è stipulare un contratto con un fornitore di servizi digitali: in questo caso è necessaria la capacità di agire che si acquista con i 18 anni. L'articolo 8, comma 3, del Gdpr infatti fa salve le disposizioni generali del diritto dei contratti vigenti in ciascuno stato, quali validità, formazione ed efficacia.
Pertanto i contratti conclusi da un minorenne possono essere annullati. Pur se è vero che spesso si tratta di servizi gratuiti, essi comportano la cessione di un valore: i dati personali. È quindi fondamentale che chi ha più di 14 anni sia reso pienamente consapevole di quale utilizzo verrà fatto dei suoi dati, inclusi quelli relativi al proprio comportamento in rete.
A tal proposito è necessario che sia data al minorenne un'informativa adeguata all'età e al grado di consapevolezza e che i dati siano trattati nel rispetto dei diritti riconosciuti ai minorenni dalle Convenzioni internazionali. È auspicabile, infine, che l'utilizzo dei dati per finalità di marketing non sia, di norma, consentito e, qualora lo fosse, sia rispettoso della condizione di minore età e del grado di maturità. Allo stesso modo è necessario che sia evitata la profilazione del minorenne se non per finalità di tutela e sicurezza».
In sostanza un bambino, per il codice civile italiano, non può né dare il consenso privacy né stipulare un valido contratto, tanto meno quello da cui possa derivare un rischio ai suoi danni, come un contratto con un social network. Lo stesso si può sostenere per il consenso marketing, senza limiti di età.
Fonte: Italia Oggi Sette del 15 febbraio 2021