Cassazione, l'ex coniuge non viola la privacy se sbircia il conto in banca
Chi deve pagare l'assegno di mantenimento non può più spacciarsi per povero. L'ex coniuge, infatti, ha diritto a sbirciare nel suo conto corrente senza per questo essere condannato al risarcimento del danno per violazione della privacy. È quanto si evince dall'ordinanza n. 20649 della Corte di cassazione. La vicenda riguarda un uomo che ha chiesto i danni alla ex moglie dopo che questa ha chiesto e ottenuto dalla banca l'estratto conto bancario.
Il tutto per ricevere un assegno parametrato ai guadagni effettivi. Dopo questa azione lui si è rivolto alle autorità giudiziarie chiedendo il risarcimento del danno alla donna. Risarcimento per violazione della privacy che però non ha ottenuto.
Per i giudici di merito, infatti, la signora, nel richiedere le informazioni alla banca, non ha violato alcuna norma di legge né ha tantomeno tenuto un comportamento fraudolento. Inoltre, circostanza non di poco conto sul piano giuridico, l'uomo non era riuscito a dimostrare alcun danno.
Resta da stabilire se l'istituto poteva, in relazione alle vigenti norme sulla privacy, rendere noti i dati senza incorrere in alcuna violazione. Ma probabilmente la circostanza sarà oggetto di un separato giudizio. In un precedente importante di due anni fa la stessa Cassazione, con la sentenza 20106, aveva invece affermato un grosso rischio per la banca qualora un suo dipendente avesse spiato il conto di un cliente per riferirlo all'ex coniuge del correntista, per usare poi i dati riservati nella causa di separazione.
In questi casi la prassi è questa: una volta che il garante privacy ha accolto il reclamo dell'interessato, nel giudizio di opposizione l'authority si trova nella stessa posizione della parte privata: gli basta allora dimostrare che l'accesso ai dati personali è avvenuto senza autorizzazione ad hoc, mentre spetta alla banca provare che il trattamento effettuato risponde invece al consenso prestato dal cliente quando è stato aperto il rapporto con l'istituto di credito. E non bisogna dimenticare che la violazione delle modalità di trattamento dei dati personali è fonte di risarcimento di danni non patrimoniali.
In quell'occasione, fra l'altro, la Cassazione fornì un'indicazione fondamentale: la liberatoria del cliente non autorizza affatto la banca al trattamento di dati personali che vanno oltre la verifica dell'andamento del rapporto di credito, e dunque al di fuori del contratto che lega le parti, per fini del tutto estranei a quest'ultimo.
Fonte: Italia Oggi del 1° settembre 2017