Telecamere nelle scuole: in Italia si cerca una soluzione ma ora in Cina i bambini sono controllati a vista
Mentre asili nido e scuole dell'infanzia italiane sono sempre più spesso teatro di vicende raccapriccianti con bambini che vengono maltrattati e sottoposti a vessazioni fisiche e psicologiche, lo scorso 23 ottobre la Camera ha approvato una proposta di legge per introdurre la videosorveglianza a scopo preventivo nelle scuole, e ora si attende l'approvazione definitiva del Senato, anche se il provvedimento dovrà essere a prova di privacy.
Infatti, le telecamere a circuito chiuso nelle scuole, dovranno essere segnalate da appositi cartelli, protette da accessi abusivi con immagini crittografate e conservate per sei mesi su un server dedicato accessibile solo dalle autorità e con il tassativo divieto di accesso da parte del personale e dei genitori. E sarà pure necessario stipulare un accordo con i sindacati, o essere autorizzati dall'ispettorato del lavoro.
Se da noi certe complessità riguardanti il rispetto dei diritti umani e civili possono sembrare solo lungaggini burocratiche o persino un intralcio, d'altra parte in Cina non si sono fatti troppi scrupoli, e di recente sono state introdotte nelle scuole misure di controllo sui minori fin troppo efficaci.
Infatti, nelle scuole elementari della provincia di Guizhou e nella regione autonoma del Guangxi Zhuang, circa 1.000 scolaretti sono stati dotati di "uniformi intelligenti" con localizzatori Gps incorporati per verificare che gli studenti non saltino le lezioni e confermare la loro presenza ai genitori.
Quando un bambino entra nella scuola il sistema di geolocalizzazione si attiva con la registrazione di un breve filmato di conferma, memorizzando orario e data, e a quel punto gli alunni sono anche monitorati attraverso dei video che i genitori possono visualizzare su un'app direttamente dal loro smartphone.
E se qualche furbetto pensasse di scambiarsi l'uniforme con qualche compagno, interviene la tecnologia del riconoscimento facciale che identifica con precisione il bambino, mentre se uno studente esce dalla scuola senza permesso, scatta subito un allarme che avverte insegnanti e genitori.
Per quanto sia comprensibile preoccuparsi della sicurezza dei propri figli, d'altronde quello descritto sembra più lo scenario del sistema di vigilanza dei detenuti di un carcere invece che quello di una scuola elementare.
E allora, mentre auspichiamo che in Italia arrivino presto maggiori tutele per prevenire abusi e violenze sui bambini, forse non sono da invidiare le soluzioni adottate dai cinesi per fronteggiare un problema simile al nostro.
Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy - Leggi l'articolo integrale su Nòva Il Sole 24 Ore