Privacy, gli utenti ora hanno il coltello dalla parte del manico
Ormai lo sanno tutti, le regole sulla privacy stanno cambiando. Nelle settimane scorse nessuno è scampato all'invio massivo di nuove informative o da richieste di consensi da parte di social network ed altri siti web a cui si è iscritti. Dopo due anni di tempo che aziende e pubbliche amministrazioni hanno avuto per adeguarsi, il conto alla rovescia è finito e dal 25 maggio 2018 il nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali è operativo.
La nostra privacy sarà finalmente più tutelata? i risultati di uno studio lamentano che l’85% delle imprese faticano ancora ad adeguarsi, e che fino alla settimana scorsa in Italia solo il 48% delle società si dichiaravano conformi alla normativa.
Tuttavia, se d'ora in poi la nostra privacy sarà davvero più rispettata o meno, non dipenderà solo da quanto si sono adeguate aziende e pubbliche amministrazioni, ma anche da quanto cittadini e utenti del web faranno valere le regole che adesso sono state introdotte e che sono state concepite per aiutarci a comprendere meglio come vengono realmente utilizzate le nostre informazioni personali, e poter così decidere consapevolmente se acconsentire o meno a fornirle a chi ce le chiede. Quindi non potremo più trovarci automaticamente iscritti a siti o servizi che non ci interessano e il nostro consenso non sarà mai tacito.
Il nuovo Regolamento prescrive infatti che l'interessato debba ricevere le informazioni sul trattamento dei dati che lo riguardano in forma concisa, trasparente, intellegibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, evitando quel gergo tipico legalese che per molti risultava finora incomprensibile. E se l'utente si accorge che i suoi dati vengono usati non correttamente o diversamente da come gli è stato promesso, ora può rivolgersi al data protection officer, un responsabile designato dall'azienda che coopera però anche con il Garante per la privacy con l'onere di vigilare che le regole siano effettivamente rispettate, pena multe fino a 20 milioni di euro o per le imprese più grandi fino al 4% del loro fatturato annuo.
Ora gli utenti hanno quindi il coltello dalla parte del manico, e possono davvero godere di maggiori garanzie e diritti sui propri dati personali.
Pubblicato su Affaritaliani.it - di Nicola Bernardi, Presidente di Federprivacy - @Nicola_Bernardi