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Domenico Battaglia

Avvocato del foro di Bolzano, socio membro Federprivacy e Delegato per la provincia di Bolzano. Membro dei gruppi di lavoro per la tutela della privacy nella gestione del personale, cybersecurity e studi professionali di Federprivacy. Docente a contratto presso l'Università di Padova. Data Protection Officer del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bolzano. - Email: [email protected]

È stato detto che “la necessità è il pretesto per ogni violazione della libertà umana”. Così potrebbe essere anche in relazione al Covid-19. Ne è un esempio quanto verificatosi in Ungheria. Il governo ungherese con il Decreto 179/2020 ha sospeso i diritti di accesso e di cancellazione delle informazioni personali nonché la facoltà di presentare un reclamo o veder tutelati i propri diritti ricorrendo all’autorità nazionale. Tutto questo sino alla cessazione dello stato di emergenza, termine però non indicato nel testo del decreto 40/2020 (norma di legge ungherese con la quale è stato proclamato). Intervenendo sul tema, con la dichiarazione adottata lo scorso 2 giugno, l’European Data Protection Board ha ribadito che il Gdpr rimane applicabile anche in condizioni d’emergenza.

Per garantire che siano rispettate le norme del Regolamento UE 679/2016 in relazione ai trattamenti che i responsabili debbano eseguire per conto del titolare, il Legislatore Europeo ha previsto, tra l’altro, che l’esecuzione dei compiti del responsabile venga disciplinata da un atto con valenza giuridica, nomina quindi non più meramente facoltativa ma obbligatoria in forza di un contratto o altro atto giuridico vincolante.

L’European Data Protection Board (EDPB), nell’ambito dei propri compiti e per promuovere l’applicazione coerente del Regolamento UE 679/2016, ha adottato in data 13 novembre 2019 un progetto di linee guida (4/2019), sottoposto a pubblica consultazione sino al 16 gennaio 2020. Successivamente, effettuate eventuali modifiche, le Linee Guida verranno definitamente adottate.

Una donna barese posta sul proprio profilo Facebook un numero considerevole di immagini (trentasei album fotografici e circa un migliaio di foto) che li vedevano ripresi tutti insieme in ricordo dei “bei tempi andati”. L’ex partner la diffidava a cancellare tali immagini, ma la signora faceva orecchie da mercante ed ignorava la richiesta: non sono, dopotutto, immagini da lei riprese e che vedono anche lei presente? Viene così adito il tribunale pugliese di prime cure.

Dopo la sentenza “Costeja” della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) del 13 maggio 2014, le autorità di controllo hanno registrato un aumento del numero di segnalazioni o reclami concernenti proprio fattispecie specifiche del tutto simili a quella relativa alla nota sentenza summenzionata.

Sono state definitivamente varate le Linee Guida sull’ambito di applicazione territoriale del GDPR: già il 16 novembre 2018, il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) aveva pubblicato il testo che, poi, in considerazione del forte impatto che le Linee Guida possono produrre, è stato sottoposto a consultazione pubblica prima della sua definitiva approvazione.

Se siete donne e iniziate a ricevere telefonate da parte di uomini interessati a ricevere prestazioni sessuali, qualcuno potrebbe avervi tirato un brutto scherzo, pubblicando a vostra insaputa il vostro numero di telefono in qualche sito di incontri piccanti su Internet. Questo è in pratica quello che è realmente accaduto ad una signora siciliana, il cui cellulare era stato iscritto da una conoscente in una chat erotica, associando ad esso due nicknames ed invitando i frequentatori della community a luci rosse a contattare l’ignara titolare dell'utenza per riceverne prestazioni sessuali. Che si fosse trattato di un gioco di cattivo gusto, o di qualche vendetta personale, fatto sta che tutto ciò è costato caro all'autrice del gesto.

Al momento di apertura di un conto corrente bancario una filiale ligure della Deutsche Bank s.p.a. sottoponeva al potenziale cliente il “consueto” contratto da sottoscrivere per l’instaurazione del rapporto, nel quale l’Istituto di credito richiedeva l’autorizzazione al trattamento anche dei dati sensibili del cliente, pena il rifiuto di dar seguito al contratto.  Il cliente, pur sottoscrivendo il contratto, negava però detta autorizzazione, ma la banca dava ugualmente esecuzione al contratto, almeno per un periodo di tempo, finché ritornava sui propri passi e, forte della mancata autorizzazione, “bloccava” l’operatività sia del conto corrente bancario che del deposito titoli nella titolarità del cliente.

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