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Domenico Battaglia

Avvocato del foro di Bolzano, socio membro Federprivacy e Delegato per la provincia di Bolzano. Membro dei gruppi di lavoro per la tutela della privacy nella gestione del personale, cybersecurity e studi professionali di Federprivacy. Docente a contratto presso l'Università di Padova. Data Protection Officer del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Bolzano. - Email: [email protected]

L’appartamento dei signori M.F. e C.A. veniva interessato da infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento del signor D.B.M. Questi, beneficiando di una copertura assicurativa, chiedeva l’intervento di INA Assitalia (poi Generali Italia) che stragiudizialmente liquidava i danneggiati.  A richiesta dell’assicurato, Generali gli trasmetteva una stampa del sistema informativo interno della medesima compagnia nonché un atto di liquidazione, questo indicante in calce le coordinate bancarie dei risarciti, coordinate acquisite dal proprio perito nel corso della procedura aperta per la copertura del sinistro.

Il periodo di transizione è ormai alle spalle. Dal 1° gennaio scorso, il Regno Unito è da considerarsi Paese Terzo in riferimento alla normativa di cui al Regolamento 2016/679.Ormai da tempo, l’ICO (autorità indipendente del Regno Unito) ha pubblicato Linee Guida relative alla fine del periodo di transizione. Dal 3 dicembre è disponibile un webinar con le relative diapositive, strumento che si è aggiunto alle linee guida per grandi imprese, per le forze dell’ordine, per le pmi e le, ormai, consuete FAQ relative alle domande frequenti concernenti la fine del periodo di transizione.

Con la pubblicazione delle Linee Guida sottoposte a consultazione pubblica, anche considerando la particolare invasività che possono avere nell´ambito della sfera privata degli utenti, l’Autorità Garante ha ritenuto opportuno affrontare nuovamente il tema dell'utilizzo dei cookie così come gli altri strumenti di tracciamento. Seppur il GDPR non sia intervenuto direttamente sul punto, le norme sul consenso ma, anche in misura non secondaria, le norme sull'attuazione dei principi di protezione dati già dalla progettazione e per impostazioni predefinite (cd. "privacy by design e by default" o DPbDD) hanno sicuramente innovato il panorama giuridico di riferimento relativo ai cookie. La sopravvenuta normativa ha, quindi, richiesto la recente presa di posizione dell’Autorità Garante.

Il tema è stato oggetto delle recentissime FAQ dell’Autorità Garante, pubblicate solo qualche giorno fa (FAQ n. 11). Inoltre, una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea delinea principi importati in tema di videosorveglianza condominiale.  Il fatto. Il sig. T.K., cittadino rumeno, risiede in un appartamento, di sua proprietà, situato in un Condominio. A seguito di una serie di atti vandalici l’associazione dei comproprietari decideva di installare telecamere di sorveglianza nelle parti comuni degli immobili. Il ricorrente, paventando la violazione del diritto al rispetto della propria vita privata, non concedeva il permesso e vista approvare ugualmente la delibera, la impugnava fino a giungere innanzi ai Giudici di Lussemburgo.

Il signor G. scopre che la signora D.D., di cui era erede legittimo, aveva sottoscritto una polizza vita, versando un premio di € 76.500,00, cifra superiore al valore dei beni caduti in successione, designando come beneficiario un soggetto terzo, il quale aveva poi incassato il premio. Richiedeva, quindi, alla società di assicurazioni I.S.V. copia del contratto di assicurazione nella sua interezza nonché copia delle successive dichiarazioni di nomina dei beneficiari. Il materiale richiesto gli perveniva ma oscurato nelle sezioni relative ai dati del terzo beneficiario.

Una ex dipendente del Comune di Greve in Chianti (Firenze) presentava reclamo all’Autorità Garante dolendosi della pubblicazione, nella sezione “Albo online” del sito web del Comune, di una determinazione al cui interno erano menzionati riferimenti a vicende relative al suo rapporto di lavoro. In particolare, la determinazione conteneva riferimenti alla propria persona, essendo seppur menzionata tramite le iniziali del proprio cognome e nome, nonché dati personali relativi a condanne penali e reati.

In seguito al decesso di un signore decisamente abbiente si apriva la successione testamentaria dalla quale risultava istituita quale erede la figlia di primo letto mentre la parte disponibile veniva attribuita alla moglie di seconde nozze. Successivamente la figlia veniva a conoscenza dell'esistenza di diverse polizze vita sottoscritte dal de cuius in favore di terzi beneficiari, e di altre ancora intestate a terzi, stimando il valore complessivo di tali investimenti in circa sei milioni di euro.

La Corte di Cassazione ha di recente affrontato un tema particolarmente spinoso, declinando i principi utili per bilanciare il diritto all’oblio con quello alla cronaca.  La decisione nasce da una vicenda piuttosto comune: un soggetto che aveva patteggiato una condanna ad otto mesi per truffa in pubbliche forniture (dispositivi medicali) adiva l’Autorità Giudiziaria citando in giudizio la testata giornalista online sulla base della persistenza in rete della notizia di cronaca relativa.

Il software “Savio” consentiva all’INPS di concentrare la propria attenzione sulle prognosi “sospette”. Adottato dall’Istituto dal 2012 sino al 25 marzo 2018, operava non solo all’insaputa dei lavoratori interessati, ma anche in assenza di precauzioni e garanzie specifiche. L’Autorità Garante riscontrava in tale utilizzo la violazione del vecchio Codice Privacy. L’INPS, nel mentre sospendeva l’utilizzo del software, impugnava l’ordinanza–ingiunzione presso il Tribunale di Roma.

Chi di noi, almeno una volta, non ha inserito le proprie generalità in un motore di ricerca per vedere cosa si dice di noi “in rete”? Quando un ingegnere effettuò una ricerca simile si rese conto che il motore di ricerca reindirizzava a siti che propinavano sul suo conto notizie false e diffamatorie. La fonte originaria delle notizie lesive era già stata condannata con sentenza penale passata in giudicato; il tecnico chiedeva quindi a Google di provvedere alla cancellazione di tutti gli URL a cui si veniva reindirizzati digitando il proprio nome, ma il colosso informatico non adempiva o lo faceva solo in parte.

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