Videosorveglianza: niente reato se il datore la usa per prevenire il comportamento infedele del lavoratore
Non commette reato il datore che installi impianti di videosorveglianza, senza accordo sindacale, se il tutto è funzionale a prevenire possibili comportamenti infedeli dei lavoratori. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 3255/21.
La vicenda. Alla base della pronuncia una vicenda in cui il Tribunale di Viterbo aveva dichiarato un soggetto colpevole di cui agli articoli 4, primo e secondo comma e 38 della legge 300/1970 e gli ha irrogato la pena di 200 euro di ammenda, previa la concessione delle attenuanti generiche. Secondo quanto ricostruito dal Tribunale l'imputato, quale titolare di una ditta esercente l'attività di commercio al dettaglio, aveva installato impianti video all'interno dell'azienda utilizzabili per il controllo a distanza dei dipendenti, senza aver chiesto l'accordo con le rappresentanze sindacali o con l'Ispettorato del lavoro.
Contro la sentenza del Tribunale ha proposto appello l'indagato che ha fatto presente che gli impianti non fossero lesivi della libertà e dignità dei lavoratori, bensì sistemi a tutela del patrimonio aziendale. Il punto da chiarire - precisano i Supremi giudici – è l'utilizzabilità come prova nel processo penale dei risultati delle videoriprese effettuate sul luogo di lavoro a tutela del patrimonio aziendale in assenza di previo accordo con le rappresentanze sindacali e di previa autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
Secondo un orientamento piuttosto consolidato - precisano i giudici - , sono utilizzabili nel processo penale, anche se l'imputato sia il lavoratore subordinato, i risultati delle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro a opera del datore di lavoro per esercitare un controllo a tutela del patrimonio aziendale messo a rischio da possibili comportamenti infedeli dei lavoratori.
Questo perché le norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della loro riservatezza non proibiscono i cosiddetti "controlli difensivi" del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l'esistenza di un divieto probatorio.
La decisione oggetto di ricorso, tuttavia, non ha chiarito se l'installazione del sistema di videosorveglianza rilevato fosse strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, né se l'utilizzo dell'impianto comportasse un controllo non occasionale sull'ordinario svolgimento dell'attività lavorativa dei dipendenti o comunque dovesse restare necessariamente "riservato" per consentire l'accertamento di gravi condotte illecite di questi ultimi.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 27 gennaio 2021