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Rischia una condanna penale chi entra nel cassetto fiscale altrui, anche se in precedenza era stato autorizzato dal titolare

Rischia una condanna penale chi entra nel cassetto fiscale altrui nonostante una iniziale autorizzazione da parte del titolare, in questo caso la sorella. Ciò soprattutto se poi vengono cambiate le password, proprio per tutelare la privacy. La Cassazione, con la sentenza n. 15899 del 27 aprile 2021, ha respinto il ricorso di una donna che, dopo aver ricevuto una pec con l'autorizzazione a entrare nel cassetto fiscale della sorella, aveva comunque sfruttato l'accesso nonostante il cambiamento delle password, sintomo della volontà di tutelare la propria privacy.

Rischia una condanna penale chi entra nel cassetto fiscale altrui

Gli Ermellini hanno concluso che configura il reato previsto dall'art. 615-ter cod. pen. la condotta di chi si introduca nel cassetto fiscale altrui, contenuto nel sistema informatico dell'Agenzia delle Entrate, utilizzando password modificate e contro la volontà del titolare. Infatti, ha premesso il collegio di legittimità, tale servizio informatico fiscale, definito cassetto fiscale, rientra nell'alveo della nozione di domicilio informatico, alla cui inviolabilità è diretta la tutela penale del precetto previsto dall'art. 615-ter cp.

Per la Cassazione costituisce un sistema informatico quel complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazione dati, come definito dalla Convenzione di Budapest, ratificata dalla legge n. 48 del 2008 nei termini di «qualsiasi apparecchiatura o gruppo di apparecchiature interconnesse o collegate, una o più delle quali, in base ad un programma, compiono l'elaborazione automatica di dati».

Ma non basta: integra il delitto previsto dall`art. 615-ter cp colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso, rimanendo invece irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato l'ingresso nel sistema.

Fonte: Italia Oggi del 28 aprile 2021

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Il presidente di Federprivacy intervistato su Rai 4

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