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Il fatto che il trojan sfrutti l'energia 'privata' della batteria dello smartphone dell'utente non rende illecita l'intercettazione

La finalità di intercettazione consente all'operatore di installare il cosiddetto trojan horse anche da remoto nel dispositivo elettronico indicato, mediante precise modalità tecniche. A ben vedere in tema di intercettazioni, l'intrusione nel dispositivo tramite trojan è una delle modalità più efficaci di ricerca della prova. Modalità da reputarsi legittima tenuto conto del bilanciamento tra il soddisfacimento dell'interesse pubblico all'accertamento di gravi delitti, con il principio di inviolabilità della sfera della riservatezza e segretezza di qualsiasi forma di comunicazione. Ebbene con la recente sentenza n.10981/2021 la Corte di Cassazione ha chiarito in proposito che detto bilanciamento opera anche in relazione al diritto di "proprietà privata" previsto dall'articolo 42 della Costituzione.

Virus trojan sui cellulari, intercettazioni permesse benché la "batteria" sia di proprietà privata

Diritto evocato dal ricorrente coinvolto, il quale aveva dedotto l'illecita utilizzazione — mediante l'intercettazione con virus trojan — della sua "energia" per la ricarica delle batterie del dispositivo elettronico "infettato". Orbene secondo la massima Corte le conseguenze della perdita di una "quota" del proprio diritto di proprietà da parte del soggetto intercettato, peraltro non particolarmente consistente dal punto di vista patrimoniale, sono recessive rispetto all'obiettivo del soddisfacimento dell'interesse pubblico, costituzionalmente garantito, alla obbligatorietà dell'azione penale.

Le "accuse" del ricorrente - Nella vicenda il ricorrente denunciava la natura stessa dei software e malware inoculati in maniera furtiva. Era stato fatto cadere in errore ed indotto ad installare personalmente il virus trojan sul proprio dispositivo.

Dal che, trattandosi di attività di apprensione occulta di conversazioni tra presenti, con metodo illecito, detta attività non poteva considerarsi autorizzata, anche perché posta in danno alla libertà di autodeterminazione consapevole, quale diritto fondamentale costituzionalmente garantito. Per altro verso le intercettazioni in questione avevano "sfruttato" un dispositivo di proprietà privata sottraendo energia "privata" per permettere il funzionamento del software e la "captazione itinerante". Si sarebbe trattato, quindi, di intercettazioni illecite anche perché poste in essere ledendo il diritto fondamentale ed inviolabile alla proprietà privata, tutelato dalla Carta costituzionale.

La natura "itinerante" delle intercettazioni - La natura "itinerante" dei dispositivi adoperati come moderne microspie — smartphone, tablet, personal computer — ed il fatto che tali dispositivi accompagnino le persone anche nei luoghi riservati della vita privata, comporta che il captatore informatico possa essere utilizzato per realizzare intercettazioni tra presenti nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata. A tali caratteristiche si riferisce la specifica disciplina che invero deroga ai presupposti ordinari, permettendo la captazione anche nei luoghi di privata dimora, senza necessità che ivi si stia svolgendo attività criminosa. Quanto all'individuazione della nozione di procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata va precisato che la qualificazione del fatto-reato deve essere ancorata a sufficienti e sicuri elementi indiziari.

Trojan horse e privata dimora propria e altrui - Nei summenzionati procedimenti il cosidetto trojan horse permette la captazione anche nei luoghi di privata dimora, e ciò prescindendo dall'indicazione di questi come sede di attività criminosa in atto. Dal che neppure risulta necessaria la preventiva individuazione di tali luoghi. A ben vedere il riferimento al luogo non integra un presupposto dell'autorizzazione, ma rileva solo per delimitare i margini della motivazione del decreto, nella quale, quindi, vanno indicate le situazioni ambientali oggetto della captazione. La caratteristica tecnica di tale modalità di captazione prescinde dal riferimento al luogo, trattandosi di intercettazione ambientale, dunque per sua stessa natura, itinerante.

Può quindi affermarsi che deve essere considerata legittima l'intercettazione tra presenti, eseguita a mezzo di captatore informatico, installato in un dispositivo portatile, nell'ambito di attività investigativa svolta in relazione a procedimenti per delitti di criminalità organizzata, senza che sia necessaria la preventiva individuazione ed indicazione dei luoghi in cui la captazione deve essere espletata. La specialità dell'intercettazione di cui si discute, sta nel fatto che il soggetto intercettato può recarsi, portando con sé l'apparecchio elettronico nel quale è stato installato il captatore, nei luoghi di privata dimora anche di altre persone, dando così luogo ad una pluralità di intercettazioni domiciliari.

Per quanto concerne infine l'eventualità che lo strumento utilizzato consenta la registrazione di conversazioni di cui è vietata la captazione - tipico esempio sono le conversazioni tra l'imputato e il suo difensore - si tratta evidentemente di valutare l'inutilizzabilità dei risultati di detta captazione laddove la stessa abbia violato determinati vincoli di legge.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 20 aprile 2021

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