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Corte di Cassazione: sentenze, nomi oscurati solo su istanza

L'oscuramento dei nomi riportati nelle sentenze va chiesto a tempo debito e cioè prima che venga definito il grado di giudizio. Se si arriva troppo tardi non c'è rimedio e le sentenze si possono pubblicare con i nomi in chiaro. È quanto desumibile dalla decisione della Corte di cassazione penale, sezione terza, n. 55500 del 13 dicembre 2017, che si è occupata della richiesta di oscuramento dei nomi di due condannati per reati tributari con una pronuncia del 2015.

Solo due anni dopo gli interessati hanno richiesto l'oscuramento dei propri dati personali in essa contenuti, ai sensi dell'articolo 52 del Codice della privacy (dlgs n. 196 del 2003). Gli interessati hanno messo in evidenza che la notizia di quella condanna impediva loro di aprire conti bancari. Tra l'altro le persone in questione hanno riferito che i dati erano conservati nel sito web www.word-check.com, che consentiva di accedere alla pagina web della suddetta sentenza pronunziata nei loro confronti.

Anzi a causa della notizia vari istituti di credito, italiani e stranieri, non solo avevano loro negato di costituire un rapporto di conto corrente, ma avevano anche cessato quelli in essere, impedendo così anche il reinserimento sociale dei due condannati.

La Cassazione ha respinto il ricorso, giudicato inammissibile, poiché tardivo.

In effetti l'articolo 52 del codice della privacy stabilisce che l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

 

Ci sono, dunque, due condizioni da rispettare. Primo: la richiesta degli interessati deve comunque essere sorretta da motivi legittimi; secondo: la richiesta deve rispettare un preciso di termine di decadenza, dovendo essere presentata prima che sia definito il relativo grado di giudizio.

Nel caso specifico la richiesta è stata presentata oltre il termine di legge. D'altra parte, aggiunge la cassazione, il termine è logico: non serve a niente un ordine di oscuramento dei dati successivo alla pubblicazione del provvedimento e, quindi, alla sua diffusione indiscriminata e senza limiti. Una volta pubblicato su internet, un ordine di cancellazione ha ben scarsa efficacia.

D'altra parte nel caso concreto non ricorrevano nemmeno i casi in cui l'oscuramento va ordinato d'ufficio (per esempio, per i casi concernenti minori), visto che il giudizio riguardava reati tributari.

Si aggiunge che, anche quando la richiesta è presentata in tempo, l'oscuramento non è e non può essere automatico, in quanto di deve valutare se la richiesta sia assistita da motivi legittimi. In proposito si ritiene che si deve tenere conto anche dell'effetto disincentivante dei profili afflittivi derivanti dalla sentenza di condanna.

Fonte: Italia Oggi del 3 gennaio 2018 - Articolo a cura di Antonio Ciccia Messina

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