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Almeno 345 dollari di rimborso per utente: tanto è la somma pattuita per chiudere la class action avviata negli Usa a seguito delle accuse contro Facebook relative alla conservazione di dati biometrici per una funzione di tagging delle foto basata sul riconoscimento facciale senza preavviso o consenso, funzione poi disabilitata dalla società di Mark Zuckerberg nel 2019.

Facebook rischia una multa miliardaria negli Usa per lo scandalo di Cambridge Analytica con la quale avrebbe condiviso i dati di 87 milioni di utenti e per altri casi di violazione della privacy.

Facebook è sotto inchiesta penale negli Stati Uniti per gli accordi sulla cessione dei dati degli utenti ad alcune tra le più importanti società tecnologiche, compresi due produttori di smartphone e altri device. Lo scrive il New York Times, segnalando che grazie a queste intese strette con Facebook, i due produttori di telefonini avrebbero avuto accesso alle informazioni personali di milioni di utenti del social media.

A pochi mesi dalla chiusura del processo Cambridge Analytica, riguardante lo scandalo del 2018 riguardante la condivisione dei dati degli utenti con la società di consulenza britannica, Meta ha siglato un accordo da 725 milioni di Dollari per la chiusura di una class action.

Lascia interdetti la notizia che rimbalza dalle colonne del “The Harward Crimson”, il quotidiano dell’Università di Harward, fondato del 1873. Uno studente palestinese che, nei prossimi giorni, avrebbe dovuto iniziare a seguire i corsi di uno dei più prestigiosi college americani è stato respinto alla frontiera americana, all’aeroporto di Boston dopo che gli agenti della dogana, navigando nei suoi profili social attraverso il suo smartphone, hanno trovato alcuni post critici contro la politica USA pubblicati da alcuni contatti del ragazzo.

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Niente social per i minori di 14 anni in Florida. Il governatore Ron DeSantis ha firmato una stretta per limitarne l'uso per i teenager, che sotto il limite di età stabilito non potranno avere un account neppure con il consenso dei genitori.

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Tecnologia e diritto anzi diritti. Ed ancora quanto la presenza pubblica sui social deve coordinarsi con il profilo professionale? Temi e domande ormai parte importante delle relazioni industriali e del diritto del lavoro. Ne è una conferma l’aumento di policy aziendali sempre più all’attenzione della giurisprudenza. Le policy aziendali sull’uso dei social network, delle e-mail e in generale degli strumenti informatici sui luoghi di lavoro sono sempre più spesso infatti al centro delle sentenze in tema di licenziamenti e sanzioni disciplinari.

La tragica morte di una bambina di dieci anni - parrebbe, dalle cronache, a seguito di un c.d. challenge su un popolare social network per giovanissimi - ha riacceso nuovamente i riflettori sulle delicatissime dinamiche della rete, quando sono interessati i minori: oggi è sempre più frequente, anche per loro, l'utilizzo di internet e, in generale, degli strumenti di comunicazione telematica, al fine di acquisire notizie e di esprimere le proprie opinioni. La prima generazione digitale ("digital natives") si è sviluppata in un contesto in cui la tecnologia pare essere diventata non solo un supporto ma addirittura una necessità, attraverso cui si manifesta il bisogno di esprimerci, comunicare, intrattenerci e, in definitiva, di evitare la solitudine.

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Il militare che nel commentare una notizia scrive su Facebook «Stato di merda» commette il reato di vilipendio nella più grave formulazione - rispetto al codice penale comune - dell'articolo 81 del Codice penale militare di pace. Infatti, per i militari sono previsti da due a sette anni di carcerazione militare mentre per i cittadini comuni la multa da 1.000 a 5.000 euro.

Cosa faresti se ti dessero venti dollari al mese in cambio del controllo del tuo smartphone? Venti dollari per poter tener traccia delle app che usi e quante volte le apri, di cosa cerchi sul web, di quante volte illumini il display per vedere anche solo l’ora. Venti dollari per poter effettuare uno screenshot dello schermo, per memorizzare la cronologia degli ordini su Amazon. Venti miserabili dollari per vendere la tua privacy senza compromessi.

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Il presidente di Federprivacy intervistato su Rai 4

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