Il 37% dei siti di shopping online usa pratiche ingannevoli per raggirare gli utenti
Indagine della Commissione UE: su 399 piattaforme di acquisti online, 148 usano i “Dark Pattern” per indurre gli utenti a prendere decisioni contro i loro interessi o per farli rinunciare alla loro privacy. Bernardi: “A distanza di 5 anni il web è ancora zeppo di trabocchetti che rischiano di causare la perdita di fiducia degli utenti. Urgente adottare un approccio sostenibile della protezione dei dati personali.” La task force sui cookie dei garanti europei. Chiozzi:“Spesso i web designer progettano siti per ottenere i massimi risultati nel modo più rapido possibile, ma poi in caso di mancato rispetto del GDPR l’azienda si trova esposta a pesanti sanzioni”. Focus del fenomeno al Privacy Day Forum
Firenze, 13 aprile 2023 – Proliferano sul web numerosi “trucchetti” a cui siti ed app di shopping online ricorrono per spingere i consumatori a fare acquisti frettolosi e senza ragionare sulla reale convenienza che hanno se comprano il prodotto reclamizzato, e abbondano anche escamotage studiati per indurre gli utenti a rinunciare alla loro privacy senza dare loro le informazioni in modo trasparente, come richiederebbe invece il GDPR per metterli in grado di decidere consapevolmente se e quando fornire i propri dati personali.
Si chiamano “Dark Pattern”, e sono vere e proprie pratiche ingannevoli fatte apposta per far leva sull’emotività delle persone ingenerando in loro un senso di urgenza o il timore di perdere un’occasione irripetibile, oppure viceversa per stancarli o distogliere la loro attenzione per indurli a rinunciare a un’opzione più vantaggiosa.
A fornire un quadro obiettivo di questo fenomeno che mina la fiducia degli utenti, è un’indagine a tappeto svolta dalla Commissione Europea in cui sono stati controllati 399 siti di acquisti online, da cui è emerso che ben 148 di essi (37%) contenevano almeno una pratica manipolativa e ingannevole. E anche sul 26,5% delle app dei siti di shopping online (27 su 102 app esaminate) è stata riscontrata la presenza di Dark Pattern. Nei dettagli, è risultato che 42 dei siti esaminati utilizzavano conti alla rovescia fittizi (10,5%) per indicare presunte scadenze di offerte promozionali, 54 siti orientavano invece i consumatori su determinate scelte di abbonamenti o metodi di consegna più costosi (13,5%), e ben 70 piattaforme (17,5%) occultavano informazioni importanti o le rendevano meno visibili agli utenti.
A mettere in guardia le aziende digitali dall’uso di Dark Pattern ed altre pratiche illecite come quelle di occultare informazioni importanti o presentarle agli utenti in modo non chiaro, è Andrea Chiozzi, Ceo di PrivacyLab:
“Spesso i web designer progettano siti e piattaforme online per ottenere i massimi risultati nel modo più rapido possibile, ma poi in caso di mancato rispetto del GDPR l’azienda si trova esposta suo malgrado a pesanti sanzioni, e tra certi trabocchetti diffusi sul web vi sono anche i famigerati cookie banner, molti dei quali sono studiati per non far visualizzare distintamente importanti informazioni sul trattamento dei dati personali e le relative opzioni sul consenso, oppure la funzione per negarlo è addirittura imboscata nella grafica, così che gli utenti sono costretti a proseguire la navigazione senza reale possibilità di scelta. Di recente però i garanti europei hanno avviato una Cookie Banner Taskforce, e chi persiste in queste pratiche scorrette adesso rischia grosso”.
(Nella foto: Andrea Chiozzi, Ceo di PrivacyLab)
Chiozzi, che sul proprio blog fornisce anche una serie di best practices per aiutare gli addetti ai lavori a rispettare la normativa, interverrà al Privacy Day Forum per affrontare proprio i temi della trasparenza sul web e dei Dark Pattern, i quali stanno mettendo a rischio lo sviluppo dell’economia digitale, come osserva Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy:
“Uno dei principali scopi dell’introduzione del GDPR era quello di creare il clima ideale per lo sviluppo del mercato unico digitale, ma a distanza di 5 anni il web è ancora zeppo di trabocchetti che rischiano di causare la perdita di fiducia della maggioranza degli utenti. i dati personali vengono spesso sfruttati in modo scellerato con l’obiettivo di ottenere i massimi profitti senza badare al rispetto delle regole. Se è vero che i dati personali sono stati definiti come il nuovo petrolio, i giacimenti rischiano però di esaurirsi presto. Ora è più che mai urgente adottare un approccio sostenibile della normativa sulla protezione dei dati personali.”
(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)
E il concetto di sostenibilità farà parte anche del filo conduttore dato al Privacy Day Forum in programma il 25 maggio al CNR di Pisa, infatti l’evento organizzato da Federprivacy sarà proprio incentrato su “Protezione dei dati personali inclusiva e sviluppo sostenibile della società digitale”.