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Il caso Ray-Ban Stories e le nuove incognite nel rapporto tra tecnologia wearable e privacy

La sempre maggiore miniaturizzazione dei dispositivi elettronici ci permette oramai non solo di indossarli (la c.d. “tecnologia wearable”), ma anche di rendere più difficile l’individuazione degli stessi da parte di altri soggetti e di poterla utilizzare per sempre più vari scopi. Il caso più recente è quello dei Ray-Ban Stories, sviluppati da Luxottica in collaborazione con Facebook. Il risultato della cooperazione tra queste due multinazionali è un paio di occhiali che permette, a chi li indossa, di fotografare ciò che vedono o di registrare video della durata massima di 30 secondi tramite il con un semplice tocco o addirittura tramite controllo vocale per poi caricare il tutto sui social network.

  Occhiali smart con “Facebook View”: il Garante della Privacy vuole vederci chiaro

Ad un’iniziale entusiasmo per un gadget tecnologico degno dei più classici film di spionaggio non si può che contrapporre una seria e ponderata analisi delle possibili conseguenze in ambito Privacy. Infatti, il Garante della Privacy si è già attivato, dapprima sollecitando la propria controparte irlandese per richiedere maggiori informazioni a Facebook, e poi convocando i rappresentanti di Luxottica e Facebook per un incontro conoscitivo sulla disponibilità di entrambe a collaborare per iniziative di informazione e sensibilizzazione per un uso responsabile del prodotto stesso.

La questione che forse può risultare più complessa non è tanto la tutela dei dati personali dell’utilizzare del prodotto, che resta comunque importante, quanto piuttosto dei potenziali soggetti, coscienti o meno, di tali foto e video.

La pervasività che comporta l’integrazione di tali capacità di raccolta di dati personali in un oggetto così quotidiano come possono esserlo degli occhiali richiede non solo un’educazione al rispetto della privacy, per chi li indossa, che vada oltre la semplice messa a disposizione di materiale informativo, cosa che può essere facilmente ignorata, ma anche l’implementazione di una delle molte sfaccettature del principio della Privacy by Design così come stabilito dall’art. 25 co. 1 del GDPR.

Infatti, quando vengono scattate foto o registrati video, su uno dei lati della montatura si accende una piccola spia luminosa. Il problema è che tale misura di notifica, chiaramente ispirata al sopracitato principio, può essere facilmente bypassata e nient’altro permette ai potenziali soggetti di tale raccolta dei dati di prendere coscienza dell’acquisizione della loro immagine.

Matteo Alessandro Pagani, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano

(Nella foto: Matteo Alessandro Pagani, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano)

La preoccupazione è ancora maggiore se pensiamo ai potenziali risvolti di un utilizzo errato di tale tecnologia da parte dei minori o comunque nel caso in cui gli stessi vengano coinvolti in un utilizzo delle capacità di acquisizione irrispettoso della normativa privacy e della loro dignità.

Numerose possono essere le occasioni nelle quali l’acquisizione di foto e video può ledere i diritti e la dignità dei minori, come ad esempio nel caso di spogliatoi, piscine, scuole e altri eventi ad essi dedicati. Inoltre, dato che spesso sono i giovani ad adottare per prime le nuove tecnologie, molti possono essere gli scenari nei quali questi entusiasti ma ancora immaturi utilizzatori rischiano di provocare a sé stessi o ai propri coetanei danni irreparabili, come abbiamo già visto accadere nello scorso decennio per l’utilizzo sbagliato dei social network (ultimo in ordine di tempo, ma non meno rilevante, Tik Tok).

Infine, c’è da chiedersi se Facebook, il quale si ritrova già in difficoltà nel gestire e moderare i milioni di foto e video che vengono pubblicati ogni giorno sulle sue piattaforme, sarà in grado di valutare e rispondere a tutti coloro che eserciteranno il proprio diritto all’oblio relativamente alle foto e ai video scattati con questo nuovo gadget tecnologico.

Queste non sono che alcune delle problematiche che sono sorte una volta analizzate le caratteristiche e le potenzialità di tale prodotto. Pertanto, in attesa di notizie sulla collaborazione fra il Garante, Facebook e Luxottica, non ci resta che adottare un approccio cauto e di ponderazione rispetto all’attuale situazione, come sempre quando si parla di innovazioni tecnologiche con ampie ricadute sulla Privacy.

Note sull'Autore

Matteo Alessandro Pagani Matteo Alessandro Pagani

Avvocato, Socio Fondatore PLS Legal, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano - Web: www.plslegal.eu

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