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La telematica sblocca la giustizia ma ci sono timori su privacy e garanzie

La telematica sblocca la giustizia ma ci sono timori su privacy e garanzie

L’emergenza coronavirus sta cambiando la giustizia, che diventa sempre più telematica. E se nel rito civile e in quello amministrativo il percorso verso la digitalizzazione è iniziato da tempo e la possibilità di trattazione scritta riduce (ma non elimina) le difficoltà, nel processo penale dove vige il principio dell’oralità del dibattimento, l’impatto è più forte e sta suscitando accese polemiche. I timori riguardano soprattutto la riservatezza dei dati e la tutela delle garanzia della difesa.

Ue, app anti-Covid solo se salva-privacy

Ue, app anti-Covid solo se salva-privacy

App contro il Covid-19 a tinte Ue: devono essere anonime e interoperabili a livello europeo. Sotto la supervisione della Commissione europea, gli stati dell'Unione si stanno dotando di applicazioni di tracciamento dei contatti ritenuti utili anche per la gestione del dopo lockdown. Ma nel rispetto della privacy. Sempre dalla Commissione sono arrivati, infatti, gli Orientamenti ufficiali relativi alla protezione dei dati nell'ambito dello sviluppo di nuove app.

Appropriazione indebita per il dipendente che si impossessa dei file con i dati dell'azienda

Appropriazione indebita per il dipendente che si impossessa dei file con i dati dell'azienda

Scatta l'appropriazione indebita per il dipendente che sottrae dal computer aziendale i files contenenti dati informatici, provvedendo alla successiva cancellazione e alla restituzione del Pc formattato.La Corte di cassazione, con la sentenza 11959, respinge il ricorso contro la condanna per il reato, previsto dall'articolo 646 del Codice penale, a carico dell'imputato. Il ricorrente, dipendente di una società, aveva dato le sue dimissioni ed era stato assunto da una compagine, costituita di recente, che operava nello stesso settore del precedente datore di lavoro.

Corte di Cassazione: nessuna sanzione penale per l'ingiuria in video chat

Corte di Cassazione: nessuna sanzione penale per l'ingiuria in video chat

Non incorre nel rischio di una sanzione penale chi insulta l'interlocutore in una video chat, anche se alla presenza di più persone. Non scatta infatti il reato di diffamazione, dal momento che la persona offesa è presente, ma si rientra nella fattispecie dell'ingiuria che però è stata depenalizzata dalla legge n. 7 del 2016. La Corte di cassazione, sentenza n. 10905 del 31 marzo 2020, ha così accolto il ricorso di un uomo che era stato condannato al pagamento di 600 euro di multa.

Trattamenti di dati giudiziari in cerca di regole

Trattamenti di dati giudiziari in cerca di regole

Il trattamento di informazioni relativi a condanne e reati è un'esigenza delle imprese, ma il mondo economico è ancora in attesa del decreto ministeriale previsto dalle modifiche del 2018 al Codice della privacy, successive all'inizio di efficacia del regolamento Ue sulla protezione dei dati n. 2016/679 (Gdpr). Eppure, prima del 2018, nel vecchio regime, la situazione aveva un suo equilibrio basato su una autorizzazione generale del Garante della privacy (la n. 7).

Legittima la chiusura di pagine Facebook che incitano all'odio

Legittima la chiusura di pagine Facebook che incitano all'odio

Il diritto alla libera manifestazione del pensiero politico incontra il limite del rispetto degli altrui diritti fondamentali, primo tra tutti il rispetto della dignità umana ed il divieto di tutte le discriminazioni, a garanzia dei diritti inviolabili spettanti ad ogni persona umana. In altre parole la libertà di manifestazione del pensiero non include discorsi ostili e discriminatori che invece sono vietati a vari livelli dall'ordinamento interno e sovranazionale.

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