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Videosorveglianza senza accordo sindacale: il consenso del lavoratore non esime dalla responsabilità penale

In caso di installazione di un impianto di videosorveglianza in mancanza di accordo sindacale, il consenso del lavoratore non costituisce esimente della responsabilità penale. È il principio affermato dalla Cassazione con sentenza 1733 del 17 gennaio 2020.


La vicenda emersa nel giudizio è la seguente: il datore di lavoro, titolare di un negozio, aveva installato un impianto di videosorveglianza idoneo a controllare l'attività dei dipendenti, in assenza dell'accordo con le rappresentanze sindacali richiesto dall'articolo 4 della legge 300/1970, ma previo accordo scritto con i dipendenti stessi. Il giudice di merito aveva condannato il datore a una pena pecuniaria di tremila euro.

I giudici di Cassazione confermano la decisione riprendendo e argomentando nelle motivazioni quanto stabilito dal tribunale. L'installazione di apparecchiature di videosorveglianza per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori deve essere sempre preceduta da un accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori o, se l'accordo non è raggiunto, dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte della direzione territoriale del lavoro.

In mancanza di accordo o del provvedimento alternativo di autorizzazione, affermano i giudici, l'installazione dell'apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata, anche quando vi sia un'autorizzazione preventiva sottoscritta da tutti i dipendenti. L'accordo scritto con i dipendenti non costituisce esimente della responsabilità penale (tra le altre, Cassazione 38882/2018, 22148/2017; contra 22611/2012).

La Suprema corte ricorda che tale procedura e l'esclusione della possibilità da parte dei lavoratori di derogarvi autonomamente, trova la sua ratio nella considerazione dei lavoratori stessi come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato. Continua la sentenza: «basterebbe al datore di lavoro fare firmare a costoro, all'atto dell'assunzione, una dichiarazione con cui accettano l'introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo per ottenere un consenso viziato, perché ritenuto dal lavoratore stesso, a torto o a ragione, in qualche modo condizionante l'assunzione».

Il principio affermato in conclusione della sentenza è che «il consenso del lavoratore all'installazione di un'apparecchiatura di videosorveglianza, in qualsiasi forma prestato (anche scritta, come nel caso di specie), non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni dettate dalla fattispecie incriminatrice».

Fonte: Il Sole 24 Ore del 24 gennaio 2020

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