E-mail della madre sul figlio malato, diffamazione al medico che le divulga
Diffamazione per il medico che diffonde una email arrivatagli dalla madre sui metodi inumani ( in particolare sui medicinali somministrati al giovane) operati sul figlio nel reparto di psichiatria. Il medico aveva eccepito l'eccessiva genericità delle imputazioni a suo carico e per questo aveva invocato l'applicazione della particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 131-bis del codice penale. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 2705/20.
Non serve l'animus iniurandi - I Supremi giudici, rileggendo la vicenda, hanno precisato che non è richiesto "l'animus iniurandi vel diffamandi", essendo sufficiente il dolo generico, che può anche assumere la forma di dolo eventuale, in quanto è sufficiente che l'agente consapevolmente faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, ossia adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza un diretto riferimento alle intenzioni dell'agente.
Per quel che concerne il mancato riconoscimento della causa di non punibilità del fatto, la Corte territoriale aveva già giustificato la decisione facendo riferimento alla gravità delle accuse all'onore e alla professionalità della persona offesa, e considerando non occasionale la condotta per le ripetute email inoltrate dal ricorrente. È di tutta evidenza – si legge nella sentenza – come nella fattispecie non fosse possibile rinvenire la causa di non punibilità.
Condanna alle spese - Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (articolo 616 cpp) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso, al versamento, in favore della cassa ammende, di una somma da ritenersi equa e congrua pari a 3mila euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 24 gennaio 2020