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Visualizza articoli per tag: diritto all'oblio

Sì alla cancellazione solo online del nome di un uomo, senza funzioni pubbliche, condannato per un incidente stradale che aveva causato la morte di due persone, avvenuto vent’anni prima. Non c’è violazione del diritto alla libertà di stampa nella decisione di un giudice nazionale che, dopo aver compiuto un bilanciamento tra i diritti in gioco sulla base della giurisprudenza della Corte Ue, arriva a stabilire la cancellazione del solo nome unicamente dagli archivi online, lasciando integro il cartaceo.

L'oblio te lo puoi scordare. È questo il pensiero che deve essere balenato nella testa dell'incredulo XX che contava sulla legge italiana per non vedere catalogati da Google i suoi dati, contenuti in un decreto di archiviazione di un procedimento penale, da cui ne era uscito benissimo, addirittura “archiviato”.

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Una persona che si ritiene vittima di informazioni inesatte può chiederne la rimozione dal web anche se non ha mai avviato un’azione legale contro chi le ha pubblicate. Unica avvertenza: deve fornire una ragionevole spiegazione sulle info contestate al motore di ricerca, che dovrà prenderne atto senza – a sua volta – mettere a confronto le due versioni. La Cgue - sentenza nella causa C-460/20/Google – torna ancora una volta sul diritto all’oblio per ridimensionare lo strapotere dell’eterno presente online, e per ribilanciare il diritto d’informazione rispetto a quello della reputazione e dell’immagine.

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Dal 2 gennaio 2024 entrerà finalmente in vigore la legge ( legge 193/2023, nella Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre) che tutela il cosiddetto diritto all’oblio oncologico, ossia il diritto delle persone guarite da una pregressa patologia di tipo oncologico di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria condizione, con importanti effetti anche sulla loro condizione lavoristica.

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La riforma Cartabia, tra le altre cose, ha introdotto lo scorso 1° gennaio 2023 una tutela rafforzata relativa al diritto all’oblio per i casi di cronaca giudiziaria.

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Per far rimuovere dal web un articolo di un defunto occorre che ci sia un effettivo interesse da tutelare e non vi siano ragioni rilevanti che entrino in conflitto con la rimozione dello scritto. È quanto ha ribadito il Garante per la protezione dei dati personali che ha ritenuto infondata la richiesta, avanzata dal figlio, di rimuovere da un sito web e poi da Google, un articolo pubblicato a suo tempo dal padre, poi defunto.

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Danni risarcibili a chi, finito sul giornale perché condannato e poi assolto, non si sia visto aggiornare la notizia. Il diritto all’oblio, infatti, può essere compresso a favore del diritto di cronaca solo in alcune situazioni, tra cui l’interesse pubblico e attuale alla diffusione del fatto. Lo scrive la Corte di cassazione con l’ordinanza 3013 del 1° febbraio 2024.

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Il gestore di un sito web non è tenuto a provvedere, a seconda dei casi, alla cancellazione, alla deindicizzazione o all’aggiornamento di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, anche se relativo a fatti risalenti nel tempo, se non c’è un’esplicita richiesta. Solo su domanda dell’interessato scatta per il gestore l’obbligo di provvedere «senza indugio». La Cassazione respinge la pretesa del ricorrente di essere risarcito dall’Agenzia di stampa Adnkronos, per aver violato il suo diritto all’oblio, lasciando sul sito la notizia del suo arresto per reati di droga. Informazione che la fidanzata aveva trovato consultando il motore di ricerca Google.

Dopo la sentenza “Costeja” della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) del 13 maggio 2014, le autorità di controllo hanno registrato un aumento del numero di segnalazioni o reclami concernenti proprio fattispecie specifiche del tutto simili a quella relativa alla nota sentenza summenzionata.

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La permanenza in rete di notizie di cronaca giudiziaria non aggiornate può rappresentare un ostacolo al reinserimento sociale di una persona. Il diritto all’oblio va riconosciuto anche a chi è stato riabilitato dopo una condanna. Il principio è stato affermato dal Garante privacy, che ha ordinato a Google la rimozione di due Url che rimandavano ad informazioni giudiziarie non più rappresentative della attuale situazione di un imprenditore.

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