Non è diffamazione tentare di screditare una persona scrivendo messaggi su una chat privata
Non può sussistere il reato di diffamazione nel caso in cui il messaggio, inviato tramite chat o mezzi di comunicazione social, viene destinato a un singolo individuo o all'interno di una chat privata che comprende un numero ristretto di persone. Tale tipo di conversazione deve essere considerata alla stregua di una corrispondenza privata, logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria. A spiegarlo è la Corte d'appello di Milano con la sentenza n. 984/2021.
La vicenda oggetto della decisione vede come protagonisti un uomo e una donna che, al termine di una relazione sentimentale burrascosa e finita in malo modo, si scontravano nelle aule di giustizia. Sul fronte penale, dopo la denuncia della ex partner, l'uomo veniva indagato e rinviato a giudizio per stalking, oltre a subire l'ammonimento del Questore; sul fronte civile, invece, la donna veniva citata in giudizio per i danni non patrimoniali arrecati al suo ex attraverso una serie di messaggi che la stessa aveva intrattenuto con alcuni amici e colleghi dell'uomo, con il tentativo di screditarlo nell'ambiente in cui lo stesso era conosciuto.
In primo grado veniva riconosciuta una effettiva condotta diffamatoria e la donna veniva condannata al pagamento di 5 mila euro a titolo di risarcimento del danno. Per la donna, tuttavia, il tenore dei messaggi inviati non poteva ritenersi diffamatorio né, d'altra parte, poteva configurarsi una diffamazione, essendo i messaggi inviati in forma privata e destinati a rimanere tali.
Le ragioni della donna sono accolte dalla Corte d'appello, che capovolge il verdetto di primo grado. Dopo aver analizzato i messaggi incriminati - dal tono a ogni modo non offensivo e meramente espressivi della delusione della donna nei confronti dell'ex partner manifestata ad amici e colleghi del medesimo - i giudici ritengono categoricamente insussistente la ravvisata diffamazione, già esclusa dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento ai messaggi nelle chat di gruppo, ove le comunicazioni sono dirette unicamente agli iscritti, alla stregua della corrispondenza privata. Ciò vale, chiosa il Collegio, «tanto più qualora il destinatario del messaggio risulti essere non già un gruppo ristretto di persone ma, addirittura, un solo individuo al quale la parte si sia rivolta in forma assolutamente riservata».
Fonte: Il Sole 24 Ore del 6 luglio 2021