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L'attivazione di servizi telefonici a pagamento non richiesti viola la privacy

Giro di vite contro l'attivazione sui cellulari di servizi a pagamento non richiesti: le Telco non possono difendersi semplicemente invocando un "fraintendimento" tra l'operatore e il cliente. La Corte di cassazione, sentenza n. 27554/2021 ha infatti confermato la decisione del Garante privacy relativa al trattamento illecito operato da Tim per aver attivato in via unilaterale l'opzione "Internet Play" sul telefono di un cliente.

La Corte di cassazione, sentenza n. 27554 depositata oggi, ha confermato la condanna del Garante nei confronti di Tim

Nel corso dell'istruttoria del Garante era emerso che l'utente aveva contattato il servizio clienti per ottenere informazioni amministrative e che, secondo la società, "probabilmente per un fraintendimento", l'operatore aveva "erroneamente attivato il servizio". Proposto ricorso, da parte di Tim (contro il provvedimento dell'Authority), il Tribunale ha accertato, per un verso, la mancanza di prova che il trattamento fosse avvenuto per "mero fraintendimento". E, per l'altro, che la mera ricorrenza di un "fraintendimento" non può comportare l'inapplicabilità della disciplina riguardante "gli obblighi di previa informativa e di consenso, in materia di protezione di dati personali".

Una lettura condivisa dalla Suprema corte che ricorda come la "procedura afferente il trattamento dei dati personali non venne affatto svolta" secondo le previsioni di legge. E cioè "mediante la previa informativa e l'acquisizione del consenso informato al trattamento dei dati a cura del titolare del trattamento, connotandosi così di palese illiceità". "Ne consegue – prosegue la decisione - che, rettamente, il Tribunale ha respinto l'impugnazione, attesa la riscontrata illiceità del trattamento compiuto - giova sottolinearlo - per indiscussa mancanza della previa informativa e dell'acquisizione del consenso al trattamento dei dati, come riscontrato nel provvedimento del Garante".

"Invero – conclude - il fraintendimento in merito alla volontà del cliente di concludere un contratto per l'ampliamento dei servizi a propria disposizione, risulta essere - anche ove accertato - del tutto neutro rispetto al trattamento dei dati personali connesso e necessariamente da esplicare nei termini di legge e la ricorrente non ha affatto illustrato, nemmeno in fase di merito, perché ciò non era avvenuto".

Fonte: Il Sole 24 Ore dell'11 ottobre 2021

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