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Garante Privacy, i voti sono pubblici, lo stato di salute no

Gli esiti degli scrutini o degli esami di stato sono pubblici. È necessario però che, nel pubblicare i voti degli scrutini e degli esami nei tabelloni, l'istituto scolastico eviti di fornire, anche indirettamente, informazioni sulle condizioni di salute degli studenti, o altri dati personali. Così il Garante della privacy nell'opuscolo «A scuola di privacy» pubblicato il 25 maggio 2018.
La posizione dell'Authority sul diritto alla riservatezza è stata ribadita di recente nelle faq pubblicate il 29 gennaio scorso sul sito dell'Autorità.

In particolare, il Garante ha ribadito che: «Nel pubblicare i voti degli scrutini e degli esami nei tabelloni» si legge nella risposta «l'istituto scolastico deve evitare, però, di fornire informazioni sulle condizioni di salute degli studenti o altri dati personali non pertinenti.

Il riferimento alle «prove differenziate» sostenute, ad esempio, dagli studenti con disturbi specifici di apprendimento (Dsa) non va inserito nei tabelloni, ma deve essere indicato solamente nell'attestazione da rilasciare allo studente».

Concetto ribadito fin dal 25 giugno 1997, a poco più di un anno dall'entrata in vigore della legge n. 675/96, quando il Garante intervenne con una nota spiegando che: «Nessuna norma della legge sulla privacy vieta la pubblicazione dei risultati degli scrutini, che, al contrario, devono essere pubblicati, come esplicitamente previsto dalla normativa in materia».

E anche nel 2000 quando l'Authority si vide costretta a smentire addirittura il ministero dell'istruzione: «Continua a essere diffusa sui mezzi d'informazione», si legge nella nota del 13 giungo 2000, «l'opinione che l'iniziativa del Ministero della pubblica istruzione di non far rendere note sui quadri esposti al pubblico le valutazioni finali analitiche a carico dei «bocciati» o dei non ammessi all'esame di maturità derivi dalla tutela della riservatezza personale o addirittura dal contenuto della legge n. 675 del 1996. Ciò non è vero, dal momento che questa legge non prevede nulla del genere».

Fonte: Italia Oggi del 4 febbraio 2020

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