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Lezioni online, ecco come vengono veramente trattati i nostri dati personali
Se usiamo piattaforme come Google Hongouts o Zoom per le videoconferenze o per le lezioni con gli studenti, quali dati personali vengono effettivamente registrati? Come spiega Il Sole 24 Ore, questi servizi possono utilizzare per attività di profilazione anche i dati audio e video degli utenti, oltre ai file condivisi dagli utenti. A specificarlo sono le stesse informative privacy, dove si precisa che potranno essere utilizzate tutte le informazioni che l’utente fornisce o crea durante l’utilizzo del servizio.
Madre condannata a rimuovere i video con la figlia su TikTok
Anche i video pubblicati su TikTok finiscono nel mirino dei giudici. Per la prima volta il Tribunale di Trani, con l’ordinanza del 30 agosto 2021, si è occupato dei filmati condivisi sul social network dove vengono caricati contenuti di breve durata. Il caso riguarda una madre che aveva pubblicato diversi video della figlia di nove anni senza il consenso del padre, che li aveva visti ma non aveva mai accettato l’esposizione mediatica della figlia. Il consenso di entrambi i genitori - precisa il tribunale - deve essere espresso, a nulla rilevando che il ricorso venga proposto a distanza di mesi.
Medici che violano la privacy dei pazienti sui social network, fenomeno in aumento
In Europa è scoppiato il caso dei medici che divulgano sui social informazioni sensibili dei pazienti. Un fenomeno che ha serie ripercussioni legali: le Autorità cominciano infatti ad affrontare il problema. Ad esempio, recentemente il Garante di Cipro ha fatto una multa di 14.000 euro ad un medico che aveva pubblicato su Internet i dati sensibili di un paziente senza il suo consenso.
Movimento Italiano Genitori: misure di protezione assunte da TikTok per i minori sono insufficienti
Le misure di protezione assunte da TikTok per gli utenti minorenni sono del tutto insufficienti e non possono assolutamente bastare: per creare un ambiente web sicuro, in cui navigare ed esprimersi liberamente, è necessario invece restituire ai genitori una funzione di consenso in fase di iscrizione e supervisione rispetto alle attività condotte in rete dai figli - un diritto inalienabile di tutela che incredibilmente continua a non essere riconosciuto sul web.
Niente privacy per lo studente che sui social insulta e minaccia gli insegnanti
La privacy non blocca la pubblicazione di articoli di stampa su uno studente, identificato con nome e cognome, che sui social insulta e minaccia gli insegnanti. Così ha deciso il Garante della privacy, che ha respinto il reclamo presentato da uno studente nei confronti di una testata giornalistica, incolpata di avere diffuso l’articolo a distanza di 5 anni dal fatto.
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Non scatta la diffamazione se i messaggi su Facebook sono privati
L’invio di comunicazioni tramite il sistema di messaggistica di Facebook, anche a più iscritti, non fa scattare il reato di diffamazione se i messaggi sono inviati ad un soggetto per volta, mancando il requisito della comunicazione diretta a più persone. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, sentenza n. 5701/2024.
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Nuovo canale Telegram per tenersi informati sulle novità della privacy
Nuovo strumento per i professionisti che ogni giorno devono rimanere aggiornati per applicare in modo corretto il Gdpr e la normativa sulla protezione dei dati personali e anche per i cittadini che desiderano essere informati per conoscere ed esercitare i propri diritti per tutelare al meglio la loro privacy.
Offese su WhatsApp: occorre distinguere caso per caso tra ingiuria e diffamazione
La questione affrontata dalla recente sentenza della Corte di Cassazione 28675/2022 attiene al corretto inquadramento sotto il profilo dell'ingiuria piuttosto che della diffamazione degli scritti offensivi in una chat Whatsapp. Nella vicenda il fatto consisteva nell'invio, da parte della imputata, di plurimi messaggi scritti e audio in una chat di whatsapp a cui partecipavano un suo contatto ed altre giovani ragazze, dal contenuto pesantemente offensivo nei confronti del contatto stesso. Messaggi scatenati dal fatto che quest'ultimo le aveva restituito, perché non in grado di accudirlo, un cucciolo di cane che l'imputata gli aveva regalato.
Ora i social e le app vanno a caccia dei dati sulla nostra salute mentale
Negli ultimi tempi social e app hanno iniziato a mostrare un insolito interesse per i dati personali sulla salute mentale degli utenti, e presumibilmente non lo fanno perché si interessano del nostro benessere psicofisico e neanche per la ricerca scientifica in campo medico, ma piuttosto perché sono informazioni che possono essere molto preziose per i loro scopi.
Pubblica su Facebook mille foto con l'ex partner, ma lui non gradisce: condannata una donna
Una donna barese posta sul proprio profilo Facebook un numero considerevole di immagini (trentasei album fotografici e circa un migliaio di foto) che li vedevano ripresi tutti insieme in ricordo dei “bei tempi andati”. L’ex partner la diffidava a cancellare tali immagini, ma la signora faceva orecchie da mercante ed ignorava la richiesta: non sono, dopotutto, immagini da lei riprese e che vedono anche lei presente? Viene così adito il tribunale pugliese di prime cure.