Il manifesto postumo di Giovanni Buttarelli
Un manifesto postumo per ridisegnare la privacy di qui al 2030, alla luce della sfide che l’economia 4.0 sta ponendo. È quello che porta la firma del Garante privacy europeo, Giovanni Buttarelli venuto a mancare lo scorso agosto, e presentato a Bruxelles su iniziativa di Iapp, l’associazione guidata per l’Italia dall’avvocato Rocco Panetta.
Il documento accende i riflettori su potere dei dati che, come possono essere uno straordinario strumento di uguagliaza, allo stesso modo possono diventare veicolo di disguaglianze, soprattutto a causa della distribuzione e fruizione diseguale. Cosa fa la differenza? Un quadro regolatorio che metta le informazioni al servizio del bene comune e dello sviluppo sostenibile.
I processi di innovazione, se non governati – secondo Buttarelli – rischiano di indebolire i diritti delle persone mentre la quota di “valore” prodotta dalla digitalizzazione, se distribuita in modo sempre più irregolare come avviene oggi, facilita l’aumento delle disuguaglianze. In questo senso, Buttarelli rileva come un digitale “diseguale” abbia fatto emergere un nuova sottoclasse di lavoratori con bassi salari.
Una critica, insomma, all’uso spregiudicato e non controllato della tecnologia, anche nelle sue forme più avanzate – AI e machine learning – che “dovrebbe abilitare lo sviluppo sostenibile” invece che alimentare disparità.
In questo contesto va valorizzata fortemente la concezione europea di protezione dei dati, intesa come diritto delle persone ma anche come driver di crescita intelligente e di sviluppo del bene comune.
“Con la crescente emergenza ambientale e climatica è tempo di focalizzare l’elaborazione dei dati sui bisogni sociali urgenti – scrive Buttarelli – L’Europa deve essere all’avanguardia su questo fronte così come lo è stata sui diritti individuali”.
Cruciale la collaborazione tra istituzioni e società tecnologiche per rendere tracciabili i dati e una moratoria sulle “tecnologie pericolose”, come il riconoscimento facciale e i droni assassini. Serve un contesto regolatorio e politico che abiliti la creazione di “campioni digitali europei per lo sviluppo sostenibile e la promozione dei diritti umani”.