Caso Huawei, Buttarelli: “Serve dialogo, non isolazionismo"
“C’è un wrestling politico in corso tra Cina e Stati Uniti, un gioco comprensibile per quanto riguarda i rapporti commerciali, al quale però vogliamo essere estranei. Il dibattito riguarda anche Huawei, un grosso operatore che giustamente spinge a investire di più sul contesto europeo. Si tratta di vedere quali siano i rapporti tra questa società e lo Stato cinese”. Lo afferma Giovanni Buttarelli, Garante europeo della protezione dei dati, in un’intervista a La Stampa in cui spiega che ora “spetta all’azienda dimostrare che sono in grado di rispettare i diritti dei cittadini”.
In merito ai rischi dell’uso di apparecchiature Huawei nello sviluppo delle reti mobili 5G, “registro nel dibattito l’esistenza di punti che vanno chiariti. Incoraggiamo la società a fornire assicurazioni”, dichiara Buttarelli. “L’azienda mi ha chiesto un incontro e sarò felice di accordarlo a breve”.
“E’ necessario proseguire con questo dialogo. Non possiamo accettare una logica isolazionista, in ballo c’è l’evoluzione tecnologica. La cosa più importante per chiunque voglia operare è la fiducia”, prosegue il garante. “È indubbio che ci sia una domanda di chiarezza. Di sicuro non è possibile conquistare la fiducia degli utenti senza una serie di garanzie. Chi viene da lontano paga lo scotto della diversità del sistema, non può quindi che rispondere alle preoccupazioni con trasparenza”.
Ieri un’intervisrta rilasciata all’Agi, il presidente di Huawei Italia, Luigi De Vecchis, ha rassicurato sugli impegni dell’azienda sul fronte privacy. Il manager definisce “leggenda metropolitana” il rischio sulla sicurezza legato all’utilizzo di tecnologie non europee nelle reti 5G in Europa.
“Le reti di quinta generazioni sono degli standard definiti nei comitati di standardizzazione cui partecipano operatori, costruttori e governi – spiega – Lì vengono definiti i protocolli e le caratteristiche della rete e le preoccupazioni che valgono per Huawei devono valere per tutti, perché se noi dobbiamo seguire uno standard, devono seguirlo anche i concorrenti: non posso riempire quattro bicchieri da una stessa brocca e poi dire che l’acqua in uno di essi non e’ abbastanza buona e va cambiata”.
Secondo De Vecchis, il vero interrogativo da porsi è perché “ci sia tanta concentrazione di interessi sul nostro 5G”. “E’ una presa di posizione pretestuosa, come lo e’ l’accusa di creare una rete 5G secondo lo standard per poi creare una rete fake su cui far operare altri apparati – dice il presidente – E’ un’accusa assurda perché noi consegniamo la rete a un operatore e questi non capisce subito se su un’antenna c’è un pezzo che non deve esserci o che fa qualcosa di strano.
Inoltre le chiavi di crittografia delle comunicazioni sono solo nelle mani del gestore e non nostre e quelle del 5G sono molto più complesse di quelle delle tecnologie precedenti e per questo ancora più difficili da violare”.
“Abbiamo realizzato a Bruxelles un centro di cybersicurezza aperto a tutti, invitiamo tutti i clienti a entrare nelle nostre reti per verificare che quello che viene detto è una stupidaggine, abbiamo messo a disposizione i nostri apparati e i nostri software per essere analizzati – conclude – Mettere insieme la preoccupazione per la sicurezza e il dominio economico non ha senso: Huawei dovrebbe essere proprietaria di tutti gli operatori e creatrice di tutte le applicazioni”.
In Europa intanto Londra e Berlino sono pronte a sfilarsi dalla “battaglia” Usa contro Huawei. L’intelligence britannica ritiene di poter limitare i rischi legati all’uso della tecnologia 5G di Huawei. Lo rivela un report che peserà sulla decisione che il governo dovrebbe adottare su Huawei tra marzo e aprile.
La Germania sembra allineata sulle stesse posizioni del Regno Unito. Secondo il Wall Street Journal, Berlino starebbe infatti pensando a una serie di misure per assicurare l’affidabilità dei prodotti Huawei, senza escludere l’azienda dalle reti 5G. La Nuova Zelanda, membro dei Five Eyes, ha annunciato invece di voler condurre un’inchiesta indipendente sui rischi legati all’utilizzo della tecnologia Huawei. L’azienda cinese ha invece disposto l’installazione di laboratori sia in Germania che nel Regno Unito per riguadagnare la fiducia dei partner occidentali e per provare l’inesistenza di “backdoors”.
L’Italia, dal canto suo, sta portando avanti “una profonda analisi” sugli investimenti stranieri in tecnologia “ma non sulla Cina in modo specifico”. L’annuncio è arrivato il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci, che ha spiegato come sarebbe “un problema cancellare i contratti presi con Huawei “.
“La questione non è: Huawei sì, Huawei no. La vera questione deve essere quella sulle possibilità di accesso alla rete di competenze manifatturiere straniere – ha spiegato -Non vedo Huawei come un caso ma solo come uno dei 25 nomi di aziende manifatturiere che si possono scegliere a prezzi e qualità differenti”.
“La Cina sta crescendo molto ma ha una popolazione tra le piu povere del mondo. E’ un paese pacifico che prova a nutrire il suo popolo. Noi all’Ovest non capiamo cosa sta facendo e questo crea frizioni, ansia e sfiducia – ha osservato Geraci – Gli Usa non devono preoccuparsi della nostra lealtà. Non è mai stata una questione. Se c’è un problema possiamo essere aiutati a prendere la decisione migliore ma questo non significa andare contro i nostri alleati americani”.