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Rischia una condanna per diffamazione il deputato che pubblichi su Facebook affermazioni offensive della reputazione altrui in assenza di un "nesso funzionale" con l'attività parlamentare posta in essere. La ha stabilito la Corte costituzionale, sentenza n. 241/2022, annullando la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati ne 24 marzo 2021.

Illegittima la sospensione della prescrizione introdotta dalla riforma del codice privacy. La Consulta con la sentenza n. 260 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 18, comma 5, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, recante «Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)».

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È incostituzionale una disciplina regionale che regola il trattamento dei dati personali nella installazione degli impianti di videosorveglianza, in quanto vìola gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e invade le competenze legislative esclusive dello Stato nella materia "ordinamento civile".

Cade l’obbligo di pubblicare online i dati personali sul reddito e sul patrimonio dei dirigenti pubblici diversi da quelli che ricoprono incarichi apicali. Con la sentenza n. 20 depositata oggi (relatore Nicolò Zanon), la Corte costituzionale ha infatti dichiarato illegittima la disposizione che estendeva a tutti i dirigenti pubblici gli stessi obblighi di pubblicazione previsti per i titolari di incarichi politici.

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La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell'acquisizione di corrispondenza del sen. Renzi in violazione dell'art. 68, terzo comma, Cost.

La deroga al segreto investigativo mette a rischio le indagini condotte dall'autorità giudiziaria. Lede le attribuzioni costituzionali del Pm la norma, inserita nel decreto legislativo 177/2016, in base alla quale ogni rappresentante delle forze dell'ordine deve trasmettere al suo superiore le notizie sulle informative di reato indipendentemente dagli obblighi dettati dal Codice di rito penale.

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