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Sospendere la privacy? No grazie

Sospendere la privacy? No grazie. Non ce n’è alcun bisogno. La privacy sa fare un passo di lato da sola, senza necessità di pericolosi e subdoli ostracismi. Tanto pericolosi, quanto pretestuosi, visto che non c’è stato, non c’è e non ci sarà nessun intralcio della privacy alla lotta per il mantenimento dei beni primari. Questo semplicemente perché non è possibile giuridicamente nessun intralcio.


La normativa sulla privacy ha, nel suo interno, le regole per perimetrare il suo raggio di azione di fronte a interessi pubblici prevalenti.E i Garanti assicurano che la missione della privacy non venga meno, anche quando si deve lasciare la precedenza ad altri interessi.

Ma possibile che si debba perdere tempo con queste ovvietà? Nel mondo a contrario bisogna raddrizzare concetti semplici. E allora, facciamolo. Devo dire che da studioso di questa materia, fin dal dicembre del 1996, dopo 24 anni mi aspettavo qualcosa di diverso.

Pensavo che quasi cinque lustri sono un lasso di tempo sufficiente per far diventare abitudine certe regole. Ingenuamente pensavo fosse un periodo sufficiente a consolidare una cultura, a fare diventare normale la normativa.

Non è così, purtroppo. Non è così, se si assiste a dichiarazioni in cui di demonizza la privacy; non è così se si fa credere che la privacy sia un ostacolo alla cura delle persone.

Questo potrebbe portare i consulenti privacy, i Dpo, gli uffici privacy a chiedersi quale sia la loro identità e ad interrogarsi sul fatto che gli adempimenti previsti dalla norma sulla privacy siano un alleato del Coronavirus. Se, davvero, ciò capitasse, questo sarebbe un brutto segno.

Al contrario, i consulenti privacy devono presidiare la proporzionalità delle misure impattanti con la privacy (non hanno certo il vezzo di mettere veti od ostacoli). Al contrario, i migliori alleati del Coronavirus non sono i consulenti privacy, ma sono la verbosità inconcludente, l’incapacità a scrivere regole certe, l’inabilità organizzativa nell’approvvigionamento di dispositivi di sicurezza, la pochezza di strategie che cerca di nascondersi scaricando ad altri le proprie colpe.

L’incapace deve mascherare le sue lacune e lo può fare con una strategia di confusione sulle responsabilità.

Il compito dei consulenti privacy e dei Dpo, nonostante tutto, è oggi determinante. È nei periodi difficili che si misura il valore della conoscenza, dell’esperienza e della saggezza.

Si dovrà, dovremo, continuare a spiegare che non si possono mettere i nomi delle persone positive al virus all’albo pretorio comunale, che la possibilità di controllo della temperatura all’ingresso delle aziende è una misura temporanea, che la geolocalizzazione è prioritariamente anonima, eccetera, eccetera.

È il nostro compito ed è un compito che, oltre ad assumere una valenza professionale, risponde a un valore etico.

Non siamo seminatori di panico da sanzione amministrativa milionaria, non siamo sostenitori di burocrazia parolaia autoreferenziale; siamo diffusori di buone politiche a tutela delle persone, siamo catalizzatori di buone strategie organizzative. Il momento è cruciale. Ed in questo frangente il silenzio di fronte a chi vuole un caprio espiatorio è l’inerzia complice del mediocre.

Note Autore

Antonio Ciccia Messina Antonio Ciccia Messina

Professore a contratto di "Tutela della privacy e trattamento dei dati Digitali” presso l'Università della Valle d’Aosta. Avvocato, autore di Italia Oggi e collaboratore giornali e riviste giuridiche e appassionato di calcio e della bellezza delle parole.

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